“Figlio nostro, scusaci. Il giudice ieri ha detto che è colpa tua che sei andato in vacanza a Rigopiano”. Così, in una lunga missiva affidata ai social, Alessio Feniello e Maria Perilli, i genitori di Stefano Feniello, il giovane di 28 anni originario di Valva e deceduto, insieme ad altre 28 persone, sotto le macerie dell’hotel Rigopiano il 17 gennaio 2017. Amaro lo sfogo dei genitori di Stefano Feniello che, come tutti gli altri familiari delle vittime e i sopravvissuti di quella tragedia, ieri speravano in una sentenza che restituisse loro giustizia e verità ed invece, il Gup del tribunale di Pescara ha assolto 25 imputati e ne ha condannati 5. Una sentenza che i parenti delle vittime hanno definito “ingiusta e vergognosa”.
Sentenza che ha aggiunto altro dolore nelle famiglie che, come ha spiegato il,papà di Stefano Feniello – “li ha uccisi per la seconda volta”. Poco fa, lo sfogo di dolore di Alessio e Maria in una lettera aperta indirizzata al figlio Stefano –“Ieri abbiamo finalmente conosciuto la verità -scrive mamma Maria. -Dopo 2 anni di indagini e 4 anni di processo, abbiamo saputo perché sei morto e siamo molto arrabbiata con te. Come ti è venuto in mente di andare in vacanza a Rigopiano quel maledetto 17 gennaio? Perché non sei rimasto a casa? Pensavamo che eri stato vittima della superficialità e incompetenza di chi ci amministra, e invece il giudice ci ha detto chiaramente che è stata colpa tua, che hai voluto per forza andare in montagna, invece di stare a casa. E pensa che io, in tutti questi anni, ho pure parlato male del Prefetto, della Provincia, del Sindaco, della Regione, perché pensavo fossero stati loro a causare la tua morte. Pensa che stupida sono stata! Attaccare quelle povere persone che hanno dovuto pure affrontare un processo, e magari non ci dormivano la notte, perché accusati ingiustamente dai Pubblici Ministeri della Procura di Pescara che, come ci ha spiegato il giudice, non ci avevano capito nulla, e per tutti questi anni si sono accaniti chiedendo la condanna di persone innocenti.
Caro Stefano, il fatto non sussiste! Sei morto per sfortuna, perché hai voluto andare lì nonostante la neve. È colpa tua. Mi dispiace per quelle povere persone che in questi anni si sono sentite accusare ingiustamente della tua morte e della morte di altre 28 persone. Vorrei adesso scusarmi con loro, per averli considerati i responsabili della tragedia, quando in realtà non c’entravano nulla. Eravamo talmente arrabbiati e accecati dal dolore che abbiamo pure ingaggiato un avvocato per affiancare la Procura nel processo e chiedere le loro condanne. Purtroppo siamo stati poco lucidi, ma credo sia normale, per dei genitori che perdono un figlio, pensare sia colpa di qualcuno e cercare di ottenere giustizia. La Procura ci aveva detto che era colpa di quelle povere persone, ci avevano fatto credere a questa assurdità, specialmente quando hanno chiesto addirittura condanne per 150 anni di carcere. Ti immagini? 150 anni per dei galantuomini che non c’entravano nulla! E noi, io e tuo padre, convinti di questa cosa, li abbiamo attaccati, accusati, gli abbiamo dato la colpa per 6 lunghi anni. Per fortuna, il giudice ha capito che ci stavamo sbagliando e li ha assolti, e ha condannato te e gli altri 28 incoscienti. Non lo ha detto ad alta voce il giudice, ma lo ha pensato sicuramente: ma vi pareva il caso di andare a Rigopiano con quelle condizioni? Non lo ha detto, ma ce lo ha fatto capire. Però, forse anche lui ha sbagliato qualcosa, perché comunque ha condannato 5 persone. Per fortuna sono pene molto basse, mica quelle chieste da quei matti della Procura che li volevano mandare in galera per tanti anni! Adesso queste povere persone saranno costrette a fare appello, dovranno ancora aspettare qualche anno per essere scagionati del tutto come gli altri. L’avvocato mi ha spiegato che i giudici a volte sbagliano, quindi magari in appello questa vergogna sarà cancellata. Speriamo! Così anche questi 5 verranno assolti. È colpa tua Stefano, solo colpa tua. Sei stato un incosciente, superficiale. Dovevi stare a casa. Ma ti voglio bene lo stesso, e ti perdono. La tua mamma”.
Parole di rabbia e dolore per non aver dato giustizia al figlio quelle di Maria e Alessio, per una sentenza che lascia l’amaro in bocca e che per al danno per i familiari delle vittime, aggiunge la beffa.