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Salerno – Tre gol e due assist in sei presenze con la maglia della Salernitana. L’avvio di campionato di Boulaye Dia è stato scoppiettante, oltre ogni rosea aspettativa. L’attaccante senegalese ha raccontato l’impatto con il nostro campionato ai microfoni di Sportweek parlando anche del suo passato e del lungo percorso che lo ha portato a diventare un giocatore professionista. 

Campo – “L’anno scorso ho giocato per la prima volta in Champions, ma a me interessa stare in campo. Qui posso giocare tanto, più che in Spagna. Al Villareal, all’inizio sono sceso in campo abbastanza, quasi mai dopo la Coppa d’Africa. Mi sono detto che non andava bene e ho deciso di cambiare. A Salerno ritroverò il ritmo partita che permetterà alla mia carriera di fare un nuovo salto in avanti”.

Primo gol – “Il gol segnato alla Sampdoria è un’emozione fortissima, ma l’esultanza è stata un disastro. Ho messo la palla in rete, ho alzato lo sguardo verso la gente che veniva giù come un fiume dai gradoni quasi ad abbracciarmi. Poi con la coda dell’occhio ho visto il guardalinee che sbandierava e mi sono fermato”.

Carattere – “Non sono una persona timida ma mi piace rimanere solo con me stesso, coi miei pensieri. Dipende anche da chi ho davanti, se mi ispira simpatia e mi accorgo che tra noi c’è feeling, possono bastarmi anche solo due minuti per aprirmi”

Arrivo in Europa – “I miei genitori sono arrivati in Europa molto presto, mio padre è arrivato a Parigi quando aveva solo 18 anni. Ha lavorato in una fabbrica che produce plastica ma adesso ha smesso. Mamma ha sempre badato ai figli. Sono nato a Oyonnax, sotto le Alpi, e ho avuto un’infanzia dura. Nonostante questo non mi sono mai arreso. Non ho mai avuto problemi per il colore della mia pelle, le origini africane non mi hanno mai reso diverso dagli altri. Dove vivevo si stava tutti insieme: bianchi, neri, asiatici, cattolici e musulmani”.

Idoli – “Ho iniziato a giocare a calcio seguendo i miei fratelli tra le strade del quartiere. Non tifavo per nessuna squadra perché non avevamo la televisione per guardare le partite. Da piccolo non avevo nemmeno un idolo proprio per questo, più avanti ho ammirato Ronaldinho”.

Saint-Etienne – “A Oyonnax venivano spesso gli osservatori del Saint-Etienne e del Lione. Un giorno ho ricevuto un invito del Saint Etienne per un provino e papà si è offerto di accompagnarmi ma non arrivammo a destinazione. L’auto si fermò al casello per un guasto. Stavamo pagando il pedaggio quando dal rumore si sentì un rumore strano dal motore. Tornammo a casa in taxi”.

Lione – “Successivamente il Lione mi invitò ad allenarmi con i ragazzi delle giovanili ogni primo mercoledì del mese. Facevo tanti gol ma non crescevo fisicamente. A 15 anni ero il più basso di tutti, il Lione neanche credeva che avessi l’età che dichiaravo. Io non me lo spiegavo, oggi uno dei miei fratelli è alto 194 centimetri, gli altri sono intorno al metro e ottantacinque. Inizio a crescere due anni dopo”. 

Diploma – “Mi diplomo da elettricista a 18 anni, faccio qualche lavoretto e faccio l’operaio anche in una fabbrica di auto occupandomi di serigrafie sui telai. A calcio giocavo in settima divisione, pensavo di mettere i soldi da parte e riprovare col professionismo dopo un paio di anni. Se fossi arrivato in quarta divisione ero sicuro che sarei salito ancora più su”. 

Galles – “Alcuni procuratori francesi organizzarono un gruppo di ragazzi della mia età, all’epoca avevo 20 anni, e ci portarono tutti in Galles dove avevano agganci con qualche club. Il provino andò bene ma mi offrivano troppo poco per convincermi a lasciare la Francia”. 

Ritorno – “Una volta tornato in Francia mi chiama il Reims, che mi seguiva già quando ero stato al Lione. A marzo 2018 mi chiedono se sono interessato a trasferirmi da loro. Gioco le amichevoli estive e mi spostano in seconda squadra, dove segno 3 gol in 6 gare. A ottobre mi richiamano in prima e così inizia la mia avventura”.