Tempo di lettura: 3 minuti

Palomonte (Sa) – È restato in silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere, davanti alle domande del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Salerno, Carla Di Filippo, l’imprenditore capaccese Antonio Paolino, agli arresti domiciliari con l’accusa di rapina, sequestro di persona e lesioni personali, tutte con circostanze aggravanti, per una rapina avvenuta nell’estate di due anni fa, ai danni della filiale di Palomonte della Banca di Credito Cooperativo di Buccino e dei Comuni Cilentani.

Rapina che l’uomo avrebbe organizzato insieme ad altre persone, queste ultime arrestate lo scorso anno e di cui proprio uno di loro, nei giorni scorsi ha fatto il nome dell’imprenditore ed di un altro soggetto, detto “il boscaiolo” indagato ma la cui posizione giudiziaria resta al momento estranea.

Paolino, secondo le dichiarazioni agli inquirenti rese da uno degli imputati, sarebbe stato l’ideatore della rapina e al contempo, ne avrebbe reclutato gli esecutori materiali. “Non ci sono riscontri circa il ruolo di Paolino nella rapina alla banca”, hanno spiegato i difensori dell’imprenditore capaccese, gli avvocati Pierluigi Spadafora e Leopoldo Catena, al termine dell’interrogatorio di garanzia che si è tenuto ieri mattina dinanzi al gip. Per la posizione di Paolino, finito ora nell’inchiesta sulla rapina, i difensori ieri hanno anche presentato ricorso ai giudici del Riesame per chiedere l’annullamento o l’attenuazione della misura cautelare.
Tutto ha avuto inizio nell’estate 2020 quando un dipendente della filiale dell’istituto di credito, il cassiere William Graziano, si reca presso l’attività di autolavaggio e rivendita auto nuove e usate sito a Capaccio Paestum e di proprietà di Paolino per permutare la sua auto e dove, durante una chiacchierata tra i due, il banchiere confida all’amico imprenditore di vivere dei problemi finanziari. Problemi che affliggono anche l’imprenditore capaccese che, date le circostanze, avrebbe proposto al cassiere dell’istituto di credito di organizzare una rapina ai danni della banca. Proposta che avrebbe visto lo stesso imprenditore, ideatore della rapina in banca, reclutare altri complici.

Idea che troverà successivamente conferma in una serie di incontri organizzati nell’autolavaggio tra Paolino, William Graziano, e i complici Pietro Smaldone, Alain Paone, Giovanni Liguori e un rivenditore di legna detto “il boscaiolo”, per quest’ultimo il pubblico ministero ne aveva chiesto l’arresto che il Gip ha negato.
Al centro dei summit che sarebbero avvenuti nell’autolavaggio, Paolino e gli altri avrebbero concordato le modalità e i tempi per mettere a segno la rapina, programmando anche il direttore della filiale, Francesco Cupolo, con la complicità del cassiere-talpa Graziano e la spartizione del bottino pari a 110mila euro.

Un cinquanta per cento del bottino sarebbe stato suddiviso tra agli esecutori materiali della rapina, mentre la restante sarebbe stata divisa tra ideatore e complici.
Detto, fatto. La rapina all’istituto di credito, con annesso sequestro del direttore della filiale della banca, avvenne il 13 agosto 2020 e fruttò ai malviventi un bottino di 110mila euro.

A maggio dello scorso anno, l’indagine sull’accaduto portò i carabinieri della locale stazione di Contursi Terme ad arrestare Liguori, Paone, Smaldone e l’allora cassiere della Bcc, Graziano, accusati a vario titolo di concorso in rapina, sequestro di persona e lesioni personali.

Indagini che sono proseguite con le testimonianze degli indagati che nei giorni scorsi hanno portato i militari ad arrestare Paolino per il quale ora si attende l’esito della decisione dei giudici del Riesame. “Le accuse nei confronti di Paolino-spiega uno dei legali, l’avvocato Leopoldo Catena- trovano origine nelle dichiarazioni di uno degli indagati principali che ha tirato in ballo l’imprenditore di Capaccio. Si tratta- chiosa il difensore- di dichiarazioni che ora vanno riscontrate poiché siamo difronte ad un procedimento indiziario che va dimostrato”.