Tempo di lettura: 4 minuti

Ha preso il via dinanzi al collegio giudici della Corte d’Assise di Salerno presieduto dal magistrato Domenico Diograzia e dal procuratore generale, il processo che vede imputate sei persone, un indiano e cinque persone residenti tra i comuni di Palomonte, Sicignano degli Alburni e Potenza, accusati a vario titolo, dei reati di omicidio aggravato, decapitazione e occultamento di cadavere, favoreggiamento e falsa testimonianza, per la morte dell’operaio 35enne, di nazionalità indiana, Singh Gurinder, il bracciante agricolo dipendente di un’azienda bufalina di località Piano San Vito di Sicignano degli Alburni, che nel dicembre 2021, fu ucciso, sventrato, fatto a pezzi, gettato e trovato cadavere nel febbraio dell’anno successivo all’interno del torrente Vonghia sito nel comune di Palomonte.
A rinviare a giudizio l’assassino e connazionale nonché collega di lavoro della vittima, Singh Davinder che si trova richiuso nel carcere di Fuorni a Salerno, e gli altri cinque imputati, tra cui la datrice di lavoro dei due indiani, alcuni componenti della famiglia e vicini di casa dell’imprenditrice di Sicignano degli Alburni, il Gip Gerardina Romaniello che nei mesi scorsi, dopo aver vagliato gli elementi oggetto di indagini eseguite dai carabinieri della locale stazione di Contursi Terme, ascoltato i testimoni e la moglie della vittima, quest’ultima affiancata dall’avvocato Luigi Gaudiano che si è costituita parte civile nel processo e che ha reso una testimonianza chiave nel processo preliminare, ha accolto la richiesta del Pubblico ministero presso la Procura della Repubblica di Salerno, Giampaolo Nuzzo, mandando tutti e sei gli imputati, assistiti e difesi dagli avvocati Alfonso Amato, Irene La Regina, Giovanni Liguori e Lorenzo Lentini e Serena Landi, a processo dinanzi ai giudici della Corte d’Assise di Salerno dove nelle scorse ore è iniziato il processo alla presenza in aula oltre che dei legali e dei giudici, anche dell’assassino.
I fatti risalgono all’8 febbraio 2022 quando i cani di proprietà di una famiglia di pastori che viveva in località Vonghia, a pochi passi dall’omonimo torrente sito nel comune di Palomonte, trovarono i resti di ossa di cadavere umano che trascinarono fino davanti all’abitazione dove la coppia viveva con i figlioletti piccoli. Alla vista del cranio che dalla forma non era riconducibile ad alcun animale, insospettita la coppia allertò i carabinieri al 112 che, giunti sul posto dopo ore interminabili di ricerche, tra i rovi del bosco e gli uliveti, a ridosso del vallone, rinvennero resti sparsi e a pezzi di un cadavere umano in avanzato stato di decomposizione. Cadavere irriconoscibile e che, solo grazie agli esami sul dna effettuato su ciò che restava del corpo sventrato e decomposto, è risultato un anno dopo, appartenente ad un uomo, di nazionalità indiana, bracciante agricolo presso un’azienda di allevamento di bufale sita in località Piano San Vito di Sicignano degli Alburni, ucciso secondo gli esami autoptici medico-legali, tra il 22 e il 28 dicembre 2021.
Omicidio che portò nell’immediato la Procura della Repubblica di Salerno ad indagare e arrestare il collega della vittima, Singh Davinder ritenuto il principale indiziato e l’assassino del collega. Secondo gli inquirenti infatti, in preda agli effetti dell’alcol, Davinder avrebbe percorso, colpito, ucciso, sventrato e decapitato il collega all’interno della casetta prefabbricata dove i due braccianti agricoli vivevano condividendo l’alloggio di lavoro. Follia omicida che ha portato Davinder, dopo aver ucciso, sventrato e fatto a pezzi il corpo del collega ormai senza vita, a caricarlo a bordo della sua autovettura e a recarsi in località Vonghia dove lo ha occultato, gettando il cadavere a pezzi tra i rovi, in un dirupo sottostante il ponte che attraversa il vallone, tra vegetazione ad alto fusto, acqua e animali selvatici vaganti.
Una vicenda dai contorni poco chiari, tanto che la Procura della Repubblica ha prima indagato e poi il Gip li ha rinviati a giudizio dove sono finiti ora a processo dinanzi alla Corte d’Assiste, anche i testimoni tra cui la datrice di lavoro della vittima, alcuni familiari della donna e alcuni vicini di casa, accusati di aver dichiarato il falso al loro legale e agli inquirenti, sviando così le attività investigative e cioè che la vittima , secondo gli imputati, tra il 22 e il 28 dicembre, data in cui era già stata uccisa, avrebbe girovagato tra il cimitero di Palomonte dove riposano le spoglie mortali del marito dell’imprenditrice e dove la vittima si sarebbe recata a deporre dei fiori insieme al collega indiano e l’azienda zootecnica di località Piana San Vito nel Comune di Sicignano degli Alburni. Falsa testimonianza e favoreggiamento per i quali il Gup nei mesi scorsi ha rinviato a giudizio i cinque che, insieme all’assassino, stanno affrontando ora il processo dinanzi al collegio della Corte d’Assise dove nella prossima udienza verranno ascoltati come testi della Procura, gli inquirenti che hanno rinvenuto il cadavere ed effettuato i rilievi.