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Preoccupa cittadini e militari quanto sta accadendo a Persano, circa il rogo di 6mila ecoballe che per 5 giorni e 6 notti ha tenuto con il fiato sospeso tutto il territorio salernitano e che ha distrutto i rifiuti depositati all’interno del comprensorio militare di Persano. Rogo domato definitivamente ieri ed il cui sito , sottoposto a sequestro , necessità ora di una bonifica che avverrà non appena verrà dissequestrato. Il problema però, oltre alle diossine sprigionate nell’aria per giorni dal rogo dei rifiuti, resta il pericolo percolato e la necessità urgente di una bonifica mentre nel comprensorio la vita militare non ha mai cessato di continuare nemmeno durante l’emergenza incendio. Preoccupazioni per la salute dei cittadini ma anche dei militari che sono arrivate in una missiva al ministro della difesa, Guido Crosetto. A scrivere, è la mamma di un militare in servizio a Persano che nero su bianco dice – “Ho già perso un figlio in Bosnia, non vorrei perderne un altro”. La donna, che ha già perso un figlio 21enne per causa di servizio volontario in Bosnia e che è morto di leucemia a causa dell’uranio impoverito, teme ora per la sorte dell’altro figlio di stanza a Persano.
“Sono fortemente preoccupata – spiega nella missiva la donna, rivolgendosi al ministro – per la situazione verificatasi nel comprensorio all’interno della caserma Ronga di Serre di Persano. Mentre l’Arpac fa le dovute verifiche – dice- i militari continuano ad andare in caserma senza alcuna protezione. Le scrivo poiché avendo perso già un figlio in Bosnia, per l’uranio impoverito, sono preoccupata per le condizioni ambientali straordinarie e quindi per la salute di mio figlio in servizio permanente nella suddetta caserma e dei militari tutti”.
Poi l’appello della donna -” Chiedo che i militari vengano trasferiti altrove fino a che non saranno chiarite le conseguenze derivanti dall’esposizione a questo disastro ambientale. La prego di intervenire per cautelare la salute di mio figlio, avendone già dato uno alla Patria, trasferendolo a Napoli sua città natale. Non vorrei – aggiunge la signora dall’agenzia Ansa – che l’altro mio figlio, così come i suoi commilitoni si possano ammalare. Abbiamo già dato allo Stato – è la preghiera – ora basta”.