Salerno – Ritorna la musica di Salerno Classica, dopo la lunga estate che ha visto l’Ensemble Lirico Italiano, guidato dal cellista Francesco D’Arcangelo e presieduto dal contrabbassista Luigi Lamberti con il fagottista Fabio Marone in veste di segretario artistico, spaziare tra i diversi generi musicali e prestigiosi ospiti, puntando a recuperare i valori della musica in un’ottica di dinamicità, innovazione, esperienza e dialogo, che ha portato la direzione ad ottenere il finanziamento dal Fondo unico per lo Spettacolo per un triennio, con il primo dei cinque appuntamenti dell’autunno musicale, che coprirà il lasso di tempo che va dal 14 ottobre al 25 novembre. Prima serata fissata per venerdì 14 ottobre, alle ore 20,45, nella Chiesa di San Giorgio, con “Haydn e il suo tempo: il maestro la perfezione”. Un concerto affidato all’ Orchestra 131 della Basilicata con direttore e oboe solista Diego Dini Ciacci, già primo oboe del teatro “alla Scala” di Milano. Il programma principierà con l’esecuzione della Sinfonia n°17 in Do Maggiore di William Herschel. Non sorprende che Herschel sia maggiormente conosciuto per il suo lavoro astronomico, essendo stato lo scopritore di Urano, che per la sua musica, che sebbene dignitosamente composta, non è particolarmente eccezionale. Questa sinfonia è tipica del suo genere e ricorda brani simili di Johann Christoph Bach, figlio di Johann Sebastian. Il giovane Bach, infatti, era a Londra nel 1762 dopo un periodo di successo in Italia, anno in cui è stata composta la Sinfonia. Tuttavia, il suo stile non fu popolare a partire dall’ultimo trentennio del Settecento, così come presumibilmente le opere di Herschel dello stesso periodo. Ma questa pagina è comunque rimasta in repertorio. L’opera è in tre movimenti, un Allegro, l’Adagio non troppo e l’Allegro assai in seguito arrivò a uno stile musicale galante con un’armonia spesso semplice. Ciò che colpisce in questa opera sono gli effetti sonori a volte differenziati e gli sforzi del compositore per creare una connessione interiore attraverso una relazione motivica in opere multi-movimento. Herschel faceva musica per vivere, ma la sua vera passione era l’astronomia. Una volta che fu in grado di dedicarsi a tempo pieno alle stelle e alla costruzione di telescopi, non tornò più a fare musica a tempo pieno. Il clou della serata sarà l’esecuzione del concerto per oboe e orchestra in Sol di Giuseppe Sammartini, da parte di Diego Dini Ciacci, in veste di solista e direttore. L’opera ci è giunta nella copia di Johann Georg Pisendel ma la data della composizione è incerta, intorno al 1717. La bellezza della scrittura oboistica ci fa comprendere perché il flautista e teorico Joachim Quantz fu così impressionato, incantato, come riferiscono le cronache del tempo, quando lo ascoltò suonare a Milano nel 1726. La in questa pagina vi si rintracciano diverse influenze da Arcangelo Corelli e Antonio Vivaldi per gli Allegri di grande energia ritmica ad Haendel per il Largo, simile ad un movimento di sonata, con accompagnamento allo strumento concertante del solo basso continuo. Nonostante il saldo aggancio al mondo barocco, la composizione svela atteggiamenti galanti, specie nell’invenzione melodica, nell’ornamentazione e nella condotta armonica. Stilisticamente si può pertanto affermare che la sua musica – molto apprezzata dai contemporanei, che la dissero “grande per scienza, originalità e fuoco” (Burney) -sia aperta al nuovo e in quanto tale, almeno la parte migliore di essa, da includersi in quel contesto musicale che preparò al Classicismo.
Finale affidato alla sinfonia n°43 in Mi bemolle maggiore di Franz Joseph Haydn, un po’ il nume protettore della programmazione di Salerno Classica. Composta nel 1771 inaugura un periodo in cui Haydn sembrò accostarsi allo spirito dello “Sturm und Drang” assumendo connotati preromantici, la Sinfonia n. 43 ha sofferto della vicinanza a pagine molto più importanti. Lo stesso titolo, “Merkur” che la collega all’alato messaggero degli dei, protettore dei traffici e dei ladri, non ha trovato spiegazione di tale intestazione, certamente non dell’ autore. L’intero lavoro appare perfettamente compiuto e di altissima ispirazione in tutti e quattro i movimenti. Certo la sua levità e spensieratezza appartengono alla fase precedente del sinfonismo haydniano, piuttosto che a quella posteriore. A questa appartiene invece la magistrale fattura e lo sviluppo tematico, anche se l’organico è ancora quello arcaico con i soli archi, due oboi e due corni. Già il primo movimento, il cui tema iniziale a note ribattute è tra i più tipici di Haydn, scintillante. Appena un velo di malinconia sembra distendersi sull’adagio, il cui tema è esposto dai violini con la sordina e poi fiorito sempre più nelle successive riprese. Segue un minuetto che, come gli altri dell’autore, brilla in tutte le sue sfaccettature, con il suo raffinato trio. Il contrasto tra un tema ascendente e uno discendente rende irresistibile il brio dell’ultimo movimento. Vi è qui, nella seriosità quasi religiosa di Haydn, un innesto di comicità mozartiana e più ancorarossiniana. Il secondo tema evoca infatti alla mente un passo memorabile del “Barbiere di Siviglia” quello in cui Don Bartolo riceve le cure di Figaro, mentre a latere si svolge l’intrigo tra Rosina e Almaviva, e qui come nelle partiture del genio di Pesaro, gli strumenti prendono la parola e divengono personaggi.