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Un affare da 600-700 milioni di lire al mese, che ha devastato terre nelle quali, visti i veleni sotterrati, si poteva immaginare “che nel giro di vent’anni morissero tutti”. Parole che mettevano i brividi quelle pronunciate nel 1997 dal pentito del clan dei casalesi Carmine Schiavone davanti alla Commissione ecomafie, ma i verbali di quella audizione furono desecretati solo nel 2013. E’ uno degli addebiti mossi all’Italia dalla Corte europea dei diritti umani nella sentenza di oggi sulla Terra dei Fuochi.

Data l’ampiezza, la complessità e la gravità della situazione, era necessaria una strategia di comunicazione completa e accessibile, per informare il pubblico in modo proattivo sui rischi potenziali o reali per la salute e sulle azioni intraprese per gestire tali rischi. Questo non è stato fatto. Anzi, alcune informazioni sono state coperte per lunghi periodi dal segreto di Stato”, scrive la Cedu.

Nel 1997, davanti alla Commissione ecomafie, il pentito Schiavone, morto dopo qualche anno, raccontava le modalità del traffico illecito di rifiuti tra le province di Napoli e Caserta fornendo dettagli agghiaccianti, tipo quello dei fanghi radioattivi provenienti dalla Germania e interrati sotto i pascoli utilizzati per le bufale. Verbali resi pubblici però solo 16 anni più tardi. “Si tratta della prima volta che la presidenza della Camera – senza che questo sia richiesto dalla magistratura decide di rendere pubblico un documento formato da Commissioni di inchiesta che in passato lo avevano classificato come segreto“, sottolineò allora la presidente della Camera, Laura Boldrini. “Lo dovevamo in primo luogo ai cittadini delle zone della Campania devastate da una catastrofe ambientale cosciente e premeditata: cittadini che oggi hanno tutto il diritto di conoscere quali crimini siano stati commessi ai loro danni per poter esigere la riparazione possibile”.