“Mamma, mamma, mamma”: sono durati pochi secondi quei flebili lamenti che provenivano dalle macerie, un lasso di tempo breve ma fondamentale, che ha consentito di indirizzare immediatamente i primi soccorsi e salvare delle vite. E, per fortuna, c’erano due carabinieri a captarli. E’ una storia in cui gioia e amarezza si fondono quella raccontata dall’appuntato scelto Dario D’Ambrosio il primo a intervenire insieme con il collega brigadiere capo Mario Michele Conte davanti a ciò che restava di un’abitazione, a Saviano, in provincia di Napoli, sventrata, la mattina di domenica scorsa, 22 settembre, da una potente deflagrazione, forse innescata da una bombola di gas. Nello scoppio, com’è noto, hanno perso la vita quattro componenti una famiglia di sei persone: Vincenza Spadafora, 41 anni, con i due suoi bimbi di 6 e 4 anni, la loro nonna paterna, Autilia Ambrosino, di 79 anni, che viveva al secondo piano, mentre sono rimasti feriti il papà Antonio Zotto, 40 anni, e il terzo fratellino di 2 anni, attualmente ricoverati rispettivamente all’Ospedale Cardarelli e al Santobono di Napoli.
Oggi, a Saviano, è il giorno del dolore e degli addii: alle 17, infatti, si celebreranno le esequie nella scuola media Ciccone di via Falcone e Borsellino, a Saviano, scelta appositamente per fare fronte all’imponente partecipazione annunciata. Dario e Mario Michele stavano effettuando un giro di perlustrazione proprio a Saviano, come disposto dal loro comandante, il capitano Edgard Pica, che coordina le attività della Compagnia di Nola, giunto sul luogo del disastro una mezz’oretta dopo i suoi uomini. Hanno sentito il boato e visto una colonna di fumo e polvere a forma di fungo, levarsi in cielo, grazie al quale hanno rapidamente individuato il punto esatto della tragedia. “Era crollato tutto, c’erano segni dell’esplosione ovunque, auto distrutte, finestre sradicate dall’onda d’urto, una scena che non dimenticheremo mai”. “Abbiamo sentito chiedere aiuto, dalle macerie”, dice ancora all’appuntato D’Ambrosio. “Aiutatemi, c’è la mia famiglia qua sotto”, – ricorda tra le lacrime il militare – e poi, poco dopo, la voce di un bimbo che cercava la mamma”.
Due lamenti che sono durati pochi secondi ma che, grazie alla prontezza dei due carabinieri, sono stati fondamentali per indirizzare gli scavi. “Ci siamo fiondati tra le pietre e abbiamo scavato a mani nude, in quei due punti, quando l’odore del gas era ancora penetrante, tra l’acqua che fuoriuscita dai tubi divelti e i fili elettrici che scintillavano”. Poco dopo, con l’ausilio dei vigili del fuoco, giunti subito dopo sul posto insieme ai rinforzi chiamati via radio prima di intervenire è stato estratto Antonio. A seguire suo figlio di due anni. “Quando l’ho visto coperto dalla polvere – dice il carabiniere – è stato come avere visto le mie figlie e i miei nipotini, lì, tra le macerie. Era vivo e questo mi ha spinto a scavare con ancora più determinazione”. Un sforzo imponente, come quello di tutti i soccorritori che, però, la sorte non ha voluto premiare ancora una volta. Anzi. “Volevamo dare di più ma anche avere di più – ha sottolineato il brigadiere D’Ambrosio – ma dopo avere estratto la bimba di quattro anni abbiamo capito che sarebbe stato solo un calvario”. “Faccio mie le parole pronunciate dal nostro il comandante di Legione in Campania, il generale di divisione Canio Giuseppe La Gala, – dice il militare – ‘non siamo eroi, ma padri di famiglia che hanno pensato solo scavare, con le unghie, per salvare delle vite. Ho fatto un giuramento, trent’anni fa, con il quale ho messo a disposizione la mia vita per la collettività, senza se e senza ma”. “Non solo sono riusciti ad essere fondamentali per l’individuazione dei sopravvissuti – ricorda il capitano Pica – ma, in quei momenti concitati hanno avuto anche la prontezza di scattare foto e video che si stanno rivelando importanti per fare piena luce sulle cause di questa immane tragedia”.