Una sanità campana allo stremo, il diritto all’assistenza sempre più compresso. E allora torna la protesta in piazza, il prossimo 23 febbraio, alle 15.00 in piazza del Gesù a Napoli. Decine di sigle hanno aderito, la manifestazione è stata presentata oggi. Il Coordinamento Campano per il Diritto alla Salute rilancia la sua piattaforma di rivendicazioni. Riapertura dei presidi ospedalieri, potenziamento di medici di base e assistenza territoriale. Ma anche assunzione e stabilizzazione dei precari della sanità. Poi lo stop ad appalti privati e liste d’attesa interminabili. Istanze anche ragionevoli. Spesso, invece, un libro dei sogni.
“Nella nostra regione – sostengono gli organizzatori – il diritto alla salute e alle cure sanitarie è drammaticamente negato a larga parte della popolazione”. In Campania, infatti, “abbiamo la più alta percentuale di rinunce alle cure e la massima incidenza della spesa sanitaria sul bilancio delle famiglie”. Sull’abbandono delle terapie, il dato Istat è del 19,9%. “Perché le Asl non garantiscono tempi accettabili di attesa” accusa il Coordinamento. Oppure siccome i cittadini “non hanno la possibilità economica di accedere al privato”. Motivo? “Non sono autonomi per mobilità o reddito”. Le cifre sulle rinunce, inoltre, incrociano quelle sull’aspettativa di vita. Anche qui impietose: in Campania si vive 3 anni meno della media nazionale. E nelle province di Napoli e Caserta, 4 anni meno di Treviso, migliore posizione italiana. Altri esempi. “Per una visito nel pubblico, le liste di attesa superano spesso i 365 giorni”. E poi “abbiamo una carenza nel settore di migliaia di lavoratori e il più basso rapporto personale sanitario/abitante di tutta l’Italia”. Senza scordare il “contesto socio ambientale”, in “permanente stato di crisi e di allarme epidemiologico”. Insomma, i numeri inchiodano il servizio sanitario regionale.
“Dal 2001 ad oggi – snocciolano gli organizzatori – abbiamo assistito alla chiusura di 20 ospedali pubblici e 20 pronto soccorso, alla dismissione di 322 ambulatori e laboratori pubblici”. Delle “172 case della salute previste dal Pnnr nessuna è stata ancora aperta e siamo in atteso del secondo ospedale di comunità, su 48 previsti”. Per non parlare “delle 65 centrali operative territoriali”. In più, “le ambulanze sono insufficienti per garantire un servizio tempestivo e non ci sono mezzi idonei per il trasporto da aree a rischio, isole o zone montuose”. E non risultano “erogati neanche i livelli essenziali di assistenza”. In questo scenario, il Coordinamento chiede risposte alla Regione. E invita la “popolazione ad unirsi a noi”.
IL CASO PERCORSI DI GARANZIA
Tra le diverse questioni, c’è quella sollevata dalla Rete Sociale Nobox – Diritto alla Città. Riguarda i Percorsi di garanzia e tutela per le somministrazioni mediche e di laboratorio. Il Piano Nazionale Gestione Liste d’Attesa (Pngla) ed il Piano Regionale Gestione Liste d’Attesa (Prgrla) della Campania ne definiscono le classi di priorità. I percorsi di accesso alternativi alle prestazioni specialistiche entrano in gioco in caso di superamento del tempo massimo di attesa. Essi prevedono l’attivazione di una procedura. Esiste la possibilità di effettuare la prestazione presso un erogatore privato accreditato. Il tutto nel rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente. Le spese sono a carico dell’azienda, riservando al cittadino solo la partecipazione al costo. Secondo gli attivisti, “la Regione Campania ha trasposto questa parte specifica della norma solo” nel 2020. Ossia “successivamente alla promulgazione del Prgla”, datata 2019. La richiesta, dunque, è di “garantire e tutelare le dovute cure e le somministrazioni mediche e di laboratorio”. Il sistema sanitario regionale, in sostanza, “deve attuare tutti i percorsi di tutela e garanzia iniziando, innanzitutto, dal fornire un’adeguata e semplice e pratica informazione all’utenza ed agli stessi” medici di medicina generale prescrittori.
(Foto da Coordinamento Campano per la Salute-Facebook)