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Gli impianti protesici si possono rivelare indispensabili nelle situazioni di disfunzione erettile per le quali le altre terapie – siano esse di carattere chirurgico o farmacologico – non garantiscono risposte positive. Vi si può ricorrere, inoltre, nelle situazioni nelle quali le terapie sono disponibili rischiano di causare la comparsa di effetti collaterali significativi o sono controindicate. Queste sono le circostanze nelle quali le protesi peniene costituiscono la migliore soluzione chirurgica grazie a cui è possibile risolvere in modo adeguato i disagi che sono correlati alle disfunzioni erettili.

Quando intervenire

È possibile ricorrere a un impianto in tutti i casi in cui un paziente abbia una disfunzione erettile organica. Le ricerche e l’esperienza hanno messo in evidenza che con il passare del tempo questo problema non si può risolvere da solo. Inoltre, non è semplice trovare un rimedio in mancanza di un intervento chirurgico adeguato. In numerose situazioni la mancanza di fiducia nei confronti della terapia chirurgica, unita a una scarsa conoscenza della materia, può far sì che si temporeggi più del dovuto: ma perdere tempo vuol dire andare incontro a varie complicazioni: la mancata ossigenazione dei corpi cavernosi, in particolare, può determinare un accorgimento progressivo del pene che può risultare irreversibile.

Le tipologie di impianti protesici

Sono molteplici le tipologie di impianti protesici a cui si può ricorrere: la rigidità differenziata, l’idraulica bicomponente e l’idraulica tricomponente, ma anche l’impianto soffice e quello malleabile semirigido o monocomponente. Ognuna di queste soluzioni si caratterizza per pregi e benefici che è necessario valutare con la massima attenzione. È importante scegliere la protesi in maniera unanime, cioè con la piena convinzione del paziente e del medico urologo. Quest’ultimo, in particolare, è tenuto a segnalare al paziente la strada da percorrere; il paziente, a sua volta, deve essere conscio di ciò a cui andrà incontro.

Gli aspetti da valutare

In vista della scelta della tipologia di protesi peniena che deve essere impiantata, gli elementi che devono essere presi in considerazione sono molteplici: per esempio l’età e le aspettative del paziente, ma anche la conformazione anatomica del pene, tenendo conto delle malformazioni eventualmente associate. Inoltre, è opportuno verificare il livello di gravità della disfunzione erettile e la capacità del paziente di attivare la protesi e usarla, anche con il coinvolgimento del partner. È ovvio, comunque, che bisogna tenere conto anche delle condizioni complessive del paziente e delle patologie eventualmente associate: neoplasie, ipertensione, diabete, e così via. Ecco, quindi, che solo dopo aver analizzato tutti questi parametri è possibile individuare la migliore tipologia di protesi, in grado di risolvere la disfunzione erettile in modo definitivo.

L’impianto delle protesi

Esistono diverse metodologie a cui si può far riferimento anche per ciò che concerne l’impianto delle protesi peniene. Si può sfruttare un accesso infrapubico che si rivela minimamente invasivo, oppure utilizzare il divaricatore di Scott per un accesso peno-scrotale. Una terza alternativa è rappresentata da accesso subcoronale e degloving del pene. È il singolo urologo chirurgo che decide quale sistema scegliere, individuando la soluzione capace di assicurare i risultati migliori possibili, riducendo l’invasività.

Dopo l’intervento

Una volta eseguito l’intervento chirurgico finalizzato all’impianto della protesi peniena, non si verifica alcuna modifica di carattere estetico. Infatti le protesi peniene non cambiano l’aspetto del pene, che resta sempre uguale esteriormente; l’impianto è dentro ai corpi cavernosi, il che vuol dire che non può essere notato a occhio nudo. Anche per quel che riguarda gli orgasmi, il livello di piacere che viene sperimentato dal paziente è uguale a prima. Non ci sono variazioni neppure per ciò che riguarda l’eiaculazione. Il partner, infine, percepisce un piacere identico a quello che avrebbe in presenza di una erezione naturale. Va ricordato che l’intervento non è reversibile e che la normale attività sessuale può essere ripresa dopo un mese e mezzo.

Le soluzioni del dottor Andrea Cocci

Chi volesse richiedere un consulto specialistico su questo tema si può rivolgere al dottor Andrea Cocci, specialista in andrologia ed esperto, tra l’altro, di ipospadia, di fimosi, di pene curvo, di frenulo breve e di disfunzione erettile. Il dottor Cocci, inoltre, si occupa di malattie sessuali, di ipogonadismo, di infertilità, di infezioni urinarie, di eiaculazione precoce, di tumore alla prostata, di prostatite e di incontinenza.