Energica presa di posizione del professor Vincenzo Peretti del Dipartimento di Medicina Veterinaria della Federico II, che ha a cuore le sorti della popolazione dei suini di razza Casertana, dopo che il virus della Peste Suina Africana (PSA) ha cominciato il suo percorso in regione.
Da più voci a partire dall’Associazione Allevatori Campania Molise viene invocato l’intervento urgente dell’assessore all’agricoltura della Regione Campania Nicola Caputo.
La PSA è una malattia virale dei suini e dei cinghiali selvatici che causa un’elevata mortalità negli animali infettati. Il virus, innocuo per l’uomo, genera perdite nella popolazione suina e quindi anche della razza Casertana, che nei conti economici di quanti con essa si sostengono.
Il primo caso si è verificato il 22 maggio 2023 nella foresta Cerreta Cognole. Le carcasse di cinque cinghiali sono state trovate dai Carabinieri forestali nel Salernitano: gli accertamenti hanno stabilito che gli animali avevano contratto la peste suina africana.
La paura è che il virus abbia infettato un maggior numero di cinghiali e che gli stessi possano venire in contatto e diffonderlo nei suini. Le norme europee, al fine di eradicare e controllare la diffusione della malattia, prevedono l’abbattimento dei suini domestici in cui è stato riscontrato il focolaio e il blocco delle movimentazioni e commercializzazione al di fuori dell’area infetta, compresa l’esportazione, dei prodotti a base di carne suina provenienti dalle aree focolaio.
Ecco perché sono iniziate da mesi negli allevamenti misure di controllo stringenti per arrestare la diffusione della PSA e per l’eradicazione nel territorio regionale.
In pericolo è quindi tutto il comparto suinicolo campano e in particolare l’antica e nobile razza suina Casertana. Era il 25 gennaio 2022, quando l’Associazione Allevatori Campania Molise e tutti gli allevatori della razza suina Casertana lanciavano un forte SOS sulle possibili conseguenze per la razza della Peste Suina Africana (PSA) in Campania. Fino ad allora era stato colpito il Nord, ma chiaramente era scontato che presto la malattia si diffondesse al Sud.
La razza suina Casertana fu definita sul finire del settecento da Lord Western: una razza con particolari e pregevoli qualità. Il sapore della carne eccellente per l’attitudine ad ingrassare con piccolissima quantità di foraggi.
Tanto si è fatto e soprattutto studiato e speso per la salvaguardia di questi rari esemplari ed oggi tutto il lavoro fatto viene messo in pericolo.
“Non abbiamo molto tempo e ancora una volta chiediamo – dichiara il professore Peretti – all’Assessore Nicola Caputo, sensibile e attento a tutte le problematiche zootecniche della Regione, di intervenire tempestivamente. Non servono ancora tavoli o discussioni tecniche e scientifiche, serve semplicemente mettere in pratica quello che decidemmo proprio in quella riunione del gennaio 2022.
Queste le proposte emerse:
1) Istituire un fondo ristori per gli allevatori della razza suina casertana iscritti al Libro Genealogico (spese per ulteriori interventi di adeguamento strutturale biosicurezza, finalizzati a prevenire i rischi di contagio connessi alla diffusione della PSA da parte della fauna selvatica, maggior costi per mantenimento, mancato reddito, etc);
2) Istituire fondo per permettere la crioconservazione del seme e (con il tempo necessario) di oociti ed embrioni.
3) Non far perdere agli allevatori eventuali contributi per allevamento estensivo e biologico.
Situazione critica anche sul fronte contenimento dell’aumento numerico della popolazione regionale dei cinghiali.
Da tempo il Centro MoGae (Centro Regionale per il Monitoraggio e la gestione dell’AgroEcosistema della Campania) propone all’assessore Caputo un piano articolato che metta fine a questa emergenza. Il Piano si articola sostanzialmente in quattro punti:
1) Contenimento zootecnico. Autorizzazione gabbie fisse e mobili ad esempio per prelievo cinghiali subadulti da indirizzare ad allevamento (filiera carni regionale regolamentata e coordinata);
2) Sterilizzazioni selettive, partendo dai maschi e successivo rilascio in ambienti specifici.
3) Utilizzo di selecontrollori autorizzati e non una proposta unica di caccia aperta per dodici mesi l’anno, soprattutto nelle aree protette, parchi e centri urbani.
4) Accelerazione dei pagamenti per danni reali ed accertati. Controllo sulle eventuali truffe e i soldi risparmiati passati alla gestione, ad esempio, dei parchi regionali.
“Questa è una soluzione che può scontentare un po’ tutti. Non esiste una soluzione perfetta, ma è una scelta risolutiva” hanno dichiarato i professori Vincenzo Peretti e Luigi Esposito quest’ultimo responsabile del Centro MoGAE Campania.