Napoli – “Per due o tre anni ho provato una grande rabbia verso Schettino. Ma ora, leggendo anche le parole della figlia, provo un po’ di dispiacere anche per il comandante. L’intera colpa non può ricadere su di lui, c’era anche l’equipaggio che doveva gestire le cose”. A dieci anni di distanza dal naufragio della Costa Concordia, la compassione ha preso il sopravvento sul rancore nelle parole di Umberto Trotti, ristoratore quarantaquattrenne di Ferentillo, tra i sopravvissuti alla tragedia. “Di errori – dice all’Ansa – ne ha fatti come altri, servirebbe meno accanimento. Il vero dolore è quello delle famiglie delle vittime, ma sono vicino anche a quella del comandante, perché non penso sia un mostro come è stato definito da tante persone”.
Trotti la notte del 13 gennaio 2012 era sulla nave in viaggio di nozze con la moglie Fjorda, oggi trentatreenne, e i due figli Valentina e Carlo, che allora avevano rispettivamente due anni e sei mesi. “Ogni anno per noi è sempre il primo – spiega -, dimenticare quei momenti è impossibile anche se il dolore diventa più ‘morbido’. Ora prendono il sopravvento le cose belle, come i legami con chi ci ha salvato e soccorso”.