di Giovanna Fusco
Quanto è bello poter bere un caffè davanti a un bar con le proprie amiche?
Quanto è piacevole, in giornate calde e afose, indossare un paio di pantaloncini o una gonna corta?
Quanto è di inestimabile valore guidare un’auto?
Sono questi soltanto tre degli infiniti aspetti che caratterizzano il concetto di libertà, dal latino libertas, l’essere libero.
L’8 marzo non è mimosa, non è ballo, non è festa: è un giorno in cui c’è soprattutto da riflettere.
Forse oggi, nella società in cui viviamo, tutto ci sembra così scontato che non abbiamo idea di come possa essere la condizione contraria, quella in cui si è costretti, in cui si è privati di qualsiasi diritto, anche di quello più banale.
Però, ahimè, non è così dappertutto:
“Le donne iraniane, secondo i vari articoli della Costituzione Iraniana, in vigore dal 3 dicembre 1979, godono di pari dignità sociale ed economica in base però alla legge della Sharia; i loro diritti quindi, secondo il punto di vista occidentale, devono ancora essere pienamente acquisiti.” (Fonte: Wikipedia, Condizione della donna in Iran)
Leggere che nel 2023 i diritti delle donne iraniane ancora non siano goduti ed esercitati significa ritornare indietro, calpestare quel valore incredibile e fondamentale di ogni Donna, l’indipendenza.
Eppure le lotte non sono mai cessate, le battaglie sempre continuate: era il 10 marzo 1979 quando le donne iraniane manifestarono per la prima volta lungo le strade di Teheran contro i nuovi governanti della “Repubblica islamica” gridando che: “La libertà non è né occidentale né orientale, è universale!” e chiedendo il ritiro della norma sul velo obbligatorio.
Poco tempo dopo, l’8 marzo, Giornata internazionale della donna, l’ayatollah Khomeini fece cacciare tutte le donne non velate dagli uffici, dalle università e dalle strade: “Andate a casa e indossate abiti decenti!”
Noi, qui, in Italia o in altri luoghi liberi da condizionamenti o leggi oppressive, potremmo reagire ed agire consapevolmente, decidendo di togliere il velo o di non indossarlo. Lì, in Iran o altrove, secondo la legge islamica vigente, per le donne è obbligatorio indossare l’hijab. In tal modo, coprendosi i capelli, obbedirebbero a un dovere morale: attraverso l’hijab dovrebbero tenere, considerate volubili e incapaci di autodominio come sono, sotto controllo gli “istinti peccaminosi” di loro stesse e degli uomini connazionali.
In occasione di questa giornata così importante, in cui si ricordano le conquiste sociali, economiche e politiche di cui le Donne ancora oggi si fanno portavoce, è necessario portare l’analisi fino in fondo: la libertà delle donne è libertà di tutte, è il termometro che decreta la civiltà del nostro paese. È vita!
Chiunque, in un modo o nell’altro, decida per noi o violi la nostra capacità di scelta, offende la nostra intelligenza. Il percorso delle donne verso la parità di genere non è finito, anzi, continua e continuerà ancora per molto. Basti pensare al mondo del lavoro, dove la strada da percorrere è tanta e permane la differenza tra la percentuale di occupazione maschile e quella femminile.
Un pensiero, in tal senso, va anche a chi Donna lo è diventata, a chi, dopo un lunghissimo e doloroso percorso di natura fisica, burocratica e psicologica, ha finalmente potuto definirsi Donna.
Per promuovere un cambio radicale non è soltanto necessario un sostegno da parte di riforme e regolamentazioni rigide: è importante promuovere un cambio di mentalità, a partire dai luoghi di educazione fin dalla prima infanzia, per arrivare agli altri contesti scolastici.
Ricordiamoci, soprattutto, di sostenerci l’un l’altra, in qualsiasi ambito, perché il fine è comune e solo insieme lo si raggiunge; come ha scritto Maya Angelou: “Ogni volta che una donna libera lotta per se stessa, lotta per tutte le altre donne.”
Fonte foto: Archivio RCS Libri – Fondazione Corriere