La migrazione sanitaria, cioè gli spostamenti in altre Regioni per curarsi, riguarda ancora un bambino su 5 tra quelli affetti da patologie oncologiche ed ematologiche. Una percentuale, il 19,5%, che è peraltro in diminuzione: se nel decennio 1998-1997 si attestava attorno al 23,3%, nel periodo tra il 2008 e il 2017 è scesa al 16,4%.
I flussi più corposi di migrazione hanno origine dal Sud e dalle Isole più che dal Centro e dal Nord, con regioni virtuose che sono scese sotto la soglia del 10% e regioni, come la Campania, nelle quali invece si registra ancora una migrazione per oltre il 60% dei casi. Questa la fotografia che emerge da uno studio condotto da Aieop (Associazione Italiana Ematologia e Oncologia Pediatrica) e recentemente pubblicato sull’Italian Journal of Pediatrics.
L’obiettivo principale della ricerca, spiega l’associazione, è stato quello di esaminare e comprovare la distribuzione ottimale dei centri Aieop sul territorio nazionale. L’analisi si riferisce al periodo compreso tra il 1988 e il 2017 ed è stata effettuata su 41.205 pazienti registrati, con un’età tra 0 e 20 anni al momento della diagnosi.
Lo studio ha messo in risalto come la migrazione sanitaria abbia coinvolto maggiormente pazienti affetti da tumori solidi rispetto a quelli affetti da leucemie e linfomi. Rispetto all’impatto della migrazione sanitaria sulle possibilità di guarigione, è stato documentato come i pazienti che migrano fuori regione abbiano una sopravvivenza a 10 anni dalla diagnosi del 69,9% rispetto a quelli curati a pochi chilometri da casa, nei quali la sopravvivenza si attesta al 78,3%.