Dalla pupilla allargata alle allucinazioni fino al coma, sono alcuni dei sintomi che può avere chi assume per errore la mandragora, pianta spontanea simile a altre verdure commestibili. “E’ diffusa soprattutto nel Sud Italia e con relativa frequenza veniamo consultati per casi di intossicazione, soprattutto in primavera, ma non è l’unica erba spontanea da temere”.
A spiegarlo all’ANSA Marcello Ferruzzi, tossicologo del Centro antiveleni dell’Ospedale Niguarda di Milano, che chiarisce i rischi di questa pianta responsabile dell’intossicazione di 8 persone nel napoletano. “Protagonista anche della celebre commedia del Macchiavelli, la mandragora appartiene alla famiglia delle Solanacee e l’avvelenamento – precisa l’esperto – avviene per confusione con altre verdure commestibili come gli spinaci, l’insalata o la borragine. In genere si tratta di errori durante la raccolta da parte di persone non molto esperte. Abbiamo segnalazioni di casi sporadici e la sintomatologia tipica è allargamento delle pupille, bocca secca, costipazione, sonnolenza, vertigini, confusione, convulsioni, tachicardia, allucinazioni. Nei casi più gravi si arriva al coma. La gravità dei sintomi è dovuta alla quantità assunta e al fattore tempo, più tardi si interviene e peggio è. In generale, le persone portate in ospedale possono esser trattate, ma può richiedere anche diversi giorni in terapia intensiva”.
La mandragora non è però l’unica pianta spontanea da temere. “Un altro errore potenzialmente mortale è l’assunzione del colchico scambiato per aglio selvatico, o del veratro scambiato per la genziana. Nella raccolta di erbe di campo – conclude Ferruzzi – l’errore è dietro l’angolo e va fatto con estrema attenzione e solo da chi ha occhi esperti. Così come per i funghi”.