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NAPOLI – Sette mesi dopo la fine dell’era de Magistris e all’indomani della presentazione del Maggio dei Monumenti, al Palazzo delle Arti di Napoli, si radunano i duri e puri della cultura bene comune.
 
Capopopolo, Alessandra Clemente: consigliera comunale di opposizione nonché super-assessora nel decennio arancione. Con lei (che però ha preso ormai le distanze dall’ex sindaco), tra gli altri, ci sono le parlamentari Paola Nugnes e Doriana Sarli, il professor Paolo Maddalena (doveva esserci anche Tomaso Montanari), la segretaria di Rifondazione Comunista Elena Coccia, la quale preannuncia una mozione da presentare all’eretico Gaetano Manfredi, il sindaco accusato di svendere i tesori di Napoli. 
 
E a nulla vale la cabina di regia (composta da Andrea Mazzucchi, Stefano Consiglio, Gennaro Carillo, Vincenzo Trione, Francesca Amirante e Ferdinando Tozzi) che ha voluto al posto di un assessore.
 
“A me – dice Clemente – di questa cabina di regia preoccupa sia la poca operatività che il senso di esclusione che sta seminando in città e tra diversi operatori culturali. L’esempio del Maggio con le associazioni escluse è solo l’ultimo. Potrei citare anche quello della scelta di privilegiare delle guide turistiche anziché altre. C’è un senso di scollamento”.
 
Nulla a che vedere, insomma, col decennio arancione. Quando, al posto di Manfredi, c’era de Magistris. E con lui, negli anni, una sfilza di assessori alla cultura.
 
“Per noi – rivendica Clemente – in ogni caso, la cultura ha sempre rappresentato un pilastro dello sviluppo che abbiamo immaginato per Napoli. Per noi, la cultura è sempre stata fondata anche sul concetto di bene comune perché deve sottrarre al degrado luoghi e persone veicolando una nuova immagine della città”.
 
Niente a che vedere con l’oggi, insomma: la ricetta che esce dal Pan è opposta a quella del modello Muve (la fondazione che gestisce i musei civici di Venezia) che ha spiegato di voler perseguire l’attuale inquilino di Palazzo San Giacomo. “La cultura non deve essere mai sottratta alla gestione pubblica: non bisogna affidarla a Fondazioni o a privati”.
 
Tutto giusto se il pubblico avesse i soldi per gestire i beni culturali, però. A Napoli, ad oggi, è una conquista anche rimettere in sicurezza Castel dell’Ovo o tutelare il Maschio Angioino, le si fa notare. Risposta dell’avvocato Clemente: “Oggi, tutto quello che fa Manfredi, penso anche alla Galleria Principe, lo deve alla programmazione dell’amministrazione precedente. Il nodo, per noi, è stato solo uno: il taglio continuo dei fondi nazionali agli enti locali che abbiamo subito”.