“Il 6,5% dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni dichiara di essere parte di una baby gang e l’8% di aver usato un’arma, il 16% di aver commesso atti vandalici: la fotografia scattata, non molto tempo fa, dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza conferma che l’impegno delle Istituzioni rispetto al ‘fenomeno’ delle baby gang è stato insufficiente e poco incisivo. L’utilizzo sempre più diffuso dei social media alimenta ulteriormente il fenomeno delle baby gang, è impressionante il numero di video che spopolano in rete e che riprendono risse, pestaggi, atti vandalici e di bullismo. La rete favorisce oltre al coinvolgimento di un numero maggiore di giovanissimi perfino l’organizzazione degli atti violenti che vengono riprodotti nelle strade reali”.
Così il consigliere regionale di +Europa Luigi Cirillo commentando l’allarme baby gang tornato al centro del dibattito politico dopo gli ultimi fatti di cronaca.
“Più che di cabine di regia – continua – per contrastare la scia di violenza immotivata che rende le strade di ogni città meno sicure, servono azioni concrete volte a prevenire la formazione e il radicamento delle baby gang. La politica deve stare al passo coi tempi e affrontare il problema a 360 gradi: sostenere le famiglie per garantire ai giovani di crescere in contesti sereni, porre un argine alla dispersione scolastica, favorire la crescita umana, relazionale e culturale smettendola di immaginare che la criminalità minorile sia legata solo ed esclusivamente alle classi meno abbienti. I dati dimostrano che non è così e che il seme della violenza alberga anche tra i giovanissimi che vivono in condizioni di agio e che spesso giustificano i propri comportamenti parlando di noia. Inoltre – chiosa Cirillo – credo debba essere compito delle maggiori Istituzioni, trovare il modo di insegnare l’utilizzo consapevole della rete ai minori affiancando anche gli adulti affinché non sottovalutino l’impatto che il mondo virtuale può avere e ha sullo sviluppo della personalità dei propri figli. Il fenomeno delle baby gang prima che con la repressione si combatte con la prevenzione”.