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Piana del Sele- Ha rigettato la richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero, Maria Benincasa, e ne ha disposto ulteriori accertamenti giudiziari, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Salerno, Alfonso Scermino, nell’ambito dell’udienza preliminare che vede indagati due avvocati salernitani e i rispettivi coniugi, accusati di truffa ed usura, oltre che del reato di infedele patrocinio per il quale si procede con giudizio separato, nei confronti di due clienti, una coppia di origine marocchina ma residente nella Piana del Sele.

Al centro della querelle giudiziaria che ha portato i due legali salernitani a processo, assistiti dal collegio difensivo composto dagli avvocati cassazionisti Pietro Fasano e Guglielmo Scarlato, una cessione di credito fatta firmare dai due avvocati, in favore dei rispettivi coniugi, ma spacciata per una richiesta di anticipo a titolo risarcitorio di una polizza assicurativa del valore di 70mila euro.
 
La vicenda ha origine nel 2006, quando la coppia di marocchini, moglie disoccupata e marito agricoltore, si dirige presso l’ospedale Maria Santissima Addolorata di Eboli dove la donna, che non conosceva la lingua italiana, dopo essere stata sottoposta ad un intervento chirurgico post partum, riporta una serie di danni gravi alla sua integrità fisica –“a causa-scrivono i giudici- della condotta imperita e negligente dei sanitari”.

Una vicenda di cattiva sanità che la donna marocchina, assistita da un primo avvocato, nel 2010, porta nel tribunale, salvo poi, nel 2011, conoscere una coppia di avvocati ai quali affida l’incarico professionale, revocando il mandato al primo professionista.
I due avvocati intentano subito una causa contro l’Asl di Salerno che dopo la perizia effettuata da parte del Ctu del tribunale che riconosce alla donna e al marito, un danno biologico e morale, nel 2018 vedono i giudici del tribunale di Salerno condannare l’Asl e liquidare ai due coniugi marocchini, la somma di 240mila euro a titolo di risarcimento danni.

È durante il processo civile che però, nel 2014 i due avvocati, un uomo e una donna, accompagnano la coppia marocchina nello studio di un notaio ebolitano che sottopone e fa firmare loro, con una scrittura privata autentica, dei documenti cartacei attestati la cessione di credito a favore dei coniugi degli stessi avvocati, per un importo di 70mila euro di anticipo a fronte dei 240mila euro di somma quale risarcimento danni. Cessione di credito che i due legali avrebbero spiegato alla coppia straniera essere una richiesta di anticipo risarcitorio rivolta all’assicurazione per la liquidazione dei primi 70mila euro.

Al termine del processo civile, con la condanna da parte del tribunale dell’Asl e il riconoscimento dei 240mila euro di risarcimento danni alla coppia, i marocchini, avendo ricevuto dai legali solo 105mila euro a fronte dei 240mila, si rivolgono ad un altro legale, l’avvocato Gaudino Pastorino, che scopre il presunto raggiro del quale la coppia straniera, che avrebbe avuto difficoltà nella comprensione della lingua italiana, sarebbe stata vittima, denunciando così i due avvocati che li avevano assistiti nel contenzioso civile e i rispettivi coniugi dei legali che erano formalmente i beneficiari della cessione del credito.

Per questo motivo, il Pubblico Ministero per i reati di truffa ed usura aveva chiesto l’archiviazione del caso che però, è stata respinta dal Gip poiché secondo il giudice, nessuno avrebbe spiegato alla coppia straniera la reale portata della cessione del credito sottoscritta per un valore complessivo di circa 240mila euro liquidati dalla compagnia assicurativa.

Somma complessiva del risarcimento assicurativo che i legali avevano donato in due tranche alla coppia straniera per soli 105mila euro di cui 35mila euro in contanti e 70 per la cessione del credito, trattenendo per sé, attraverso i rispettivi coniugi, la restante parte.
Nella motivazione di rigetto, il Gip sottolinea tra i tanti punti elencati nella relazione, come –“i due legali da un lato curavano in un giudizio pendente le ragioni dei loro assistiti e dall’altro lato, finivano per curare gli interessi contrapposti loro e della loro famiglia, attivandosi per l’alienazione di quegli stessi crediti”. 
Gli atti giudiziari ora, ritornano davanti al pubblico ministero che dovrà svolgere ulteriori indagini come richiesto dal Gip.