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Ruota intorno agli appalti della pubblica illuminazione a Capaccio Paestum, l’inchiesta nell’ambito della quale sono finiti ai domiciliari cinque indagati, tra cui il sindaco Franco Alfieri. Con lui la sorella Elvira Alfieri, i dipendenti comunali Andrea Campanile e Carmine Greco, oltre a Vittorio De Rosa e Alfonso D’Auria, rispettivamente legale rappresentante e procuratore speciale della Dervit spa.

Le indagini riguardano una serie di affidamenti alla società. Ossia i lavori di adeguamento, ampliamento ed efficientamento energetico dell’impianto di pubblica illuminazione (848.445 euro), e quelli di adeguamento e riqualificazione energetica dell’illuminazione stradale (2,9 milioni). La procura di Salerno contesta, a vario titolo, i reati di turbata libertà degli incanti e corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio. Ad eseguire le misure cautelari, disposte dal gip salernitano Valeria Campanile, la Guardia di Finanza di Salerno. L’ipotesi degli inquirenti vede uno scambio tra la Dervit e Franco Alfieri, oggi pure presidente della provincia di Salerno. La società, peraltro, risulterebbe già titolare di una concessione ventennale per la manutenzione dell’illuminazione pubblica a Capaccio Paestum. Allo stesso tempo si è aggiudicata un’altra gara, nel periodo tra i due affidamenti nel comune cilentano, sotto i riflettori investigativi. Si tratta della riqualificazione dell’illuminazione pubblica nel territorio comunale di Battipaglia, la cui amministrazione (estranea ai fatti) era stazione appaltante. Proprio il subappalto ed il subaffidamento dei lavori a Battipaglia – secondo i pm – sarebbero finiti in parte alla Alfieri Impianti s.r.l. La ditta è legalmente rappresentata da Elvira Alfieri, ma per gli investigatori è riconducibile anche al fratello. Il corrispettivo per Alfieri Impianti sarebbe stato di circa 250.000 euro. Tale importo sarebbe il prezzo della corruzione pagata dall’azienda a Franco Alfieri, per accaparrarsi gli appalti a Capaccio. A sostegno dell’accusa, la procura di Salerno allega intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali.

E nel motivare le esigenze cautelari, il giudice evidenzia i presunti tentativi di Alfieri di inquinare la ricerca della prova. Ostacoli posti comunicando con gli interlocutori attraverso biglietti, evitando di parlare. Manoscritti poi strappati e cestinati. Tra gli episodi citati, anche una bonifica dalle microspie. L’attività risulterebbe eseguita con un metal detector, il 21 gennaio scorso. Ovvero nove giorni prima delle perquisizioni del 30 gennaio. In un’altra occasione, la caccia alle cimici sarebbe stata condotta con un controllo a vista. In quel caso avrebbe partecipato Andrea Campanile.

Il sindaco del Pd è indagato anche per un’ipotesi di falso, non inserita nella richiesta di custodia cautelare, ma citata nell’ordinanza ai soli fini della contestazione. Avrebbe cioè dichiarato alla Regione Campania che il servizio di illuminazione era gestito in house dal Comune. Questo per soddisfare la condizione richiesta da Palazzo Santa Lucia, per erogare i fondi regionali. L’affidamento a terzi, infatti, potrebbe configurare un aiuto di Stato. Circostanza su cui pende divieto, verificatasi però a Capaccio: secondo gli atti di indagine, la gestione era di un’Ati, nella quale c’era la Dervit. Dopo la provvisoria ammissione al finanziamento, tuttavia, il contributo regionale non sarebbe arrivato. A chiarirlo, l’escussione di un dirigente della Regione, dove in passato Alfieri ha ricoperto il ruolo di consigliere del governatore De Luca (non coinvolto nei fatti) per le politiche agricole. Due i motivi addotti. Il primo una carenza nella documentazione trasmessa dal Comune. Poi la consultazione del sito istituzionale, dalla quale sarebbe emersa la gestione dei privati.