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E’ sos infermieri di famiglia: a 5 anni dalla legge 34 del 2020 che istituiva questa figura professionale attiva nelle Case di Comunità e nelle Centrali operative territoriali (Cot), sono solo 3.000 gli infermieri assunti, a fronte di un fabbisogno indicato in 9.600 proprio dalla legge, considerando pensionamenti, dimissioni e fuga all’estero. Ma il gap è ancora superiore se si considera che per rispettare i parametri del Pnrr ne servirebbero 50mila entro il 2026. A lanciare l’allarme è Antonio De Palma, presidente del sindacato degli infermieri Nursing Up.
Senza infermieri di famiglia – avverte De Palma – le Case della Comunità e le Cot non potranno funzionare”. I recenti dati sui ritardi delle Case di Comunità in Lombardia riflettono un problema nazionale. A Milano sono stati assunti solo 100 infermieri territoriali, contro i 900 necessari. In tutta la Lombardia ne mancano almeno 9.000, tra ospedali e territorio, per garantire l’assistenza adeguata. La situazione è critica anche nelle altre regioni. Il problema, spiega il presidente del Nursing Up, è che “nelle trattative contrattuali si vuole inserire l’assistente infermiere, ma non l’infermiere di famiglia. Questa figura surrogata non garantisce le competenze necessarie. Il Nursing Up chiede un inquadramento contrattuale per gli infermieri di famiglia, indispensabili per un sistema sanitario efficiente”. De Palma ricorda che “nel Regno Unito, Svezia e Spagna gli infermieri di famiglia sono integrati da tempo nel sistema sanitario. In Scozia, dal 2000, il Family Nurse è una figura centrale, con formazione avanzata e capacità di prescrivere farmaci. In Italia siamo in forte ritardo, e senza investimenti rischiamo di fallire gli obiettivi del Pnrr”. “Senza un piano straordinario per assumere almeno 50.000 infermieri di famiglia – avverte – la sanità territoriale rischia il tracollo”.