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Continua a crescere il numero degli stabilimenti balneari italiani nonostante la “tagliola” della prossima messa a gara delle concessioni come previsto dalla direttiva Bolkestein. Stando agli ultimi dati di Unioncamere – relativi alla fine del 2023 – sono oltre 7.000 le imprese del settore, in crescita vorticosa del 26% dal 2011. La Romagna fa da regina, anche se è Camaiore (con 30 attività per chilometro) la prima per densità di imprese. Il settore balneare, insomma, continua la sua espansione lungo la Penisola. Nel litorale italiano lungo 7.466 km, le coste basse sono pari a 3.951 Km (52,9%), per il 42,5% interessate dal fenomeno erosivo (fonte Ispra). Come negli anni precedenti, gli stabilimenti balneari si sono presentati al via più numerosi mettendo a segno una crescita di più del 2% l’anno. Se la riviera romagnola si conferma al vertice dell’offerta per numero di realtà, quasi al limite della saturazione delle possibilità di accoglienza, Unioncamere segnala che a crescere sono un po’ tutte le altre coste dello stivale con la Calabria in testa (+358 imprese nel periodo) seguita dalla Campania (+188) e dalla Sicilia (+180). Ma in termini assoluti al secondo posto della classifica nazionale, secondo mondobalneare.com, si trova la Toscana con 917 stabilimenti balneari (+111 dal 2021) e al terzo posto c’è invece la Liguria con 797 imprese di spiaggia Secondo i dati dell’indagine Unioncamere-InfoCamere, basata sul Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, al termine del 2023 erano esattamente 7.244 le imprese registrate nel settore della gestione di stabilimenti balneari. E spesso sono attività a conduzione familiare. Le società di persone rappresentano il 42% delle imprese, anche se le società di capitale sono in crescita (31%), “indicando un settore sempre più professionalizzato e pronto ad affrontare le sfide del futuro”. Secondo un altro studio realizzato da Nomisma nel 2023 (su un campione di circa 500 imprese balneari dislocate lungo l’intera costa italiana) per conto del S.I.B. Sindacato Italiano Balneari e FIPE-Confcommercio, le imprese balneari impiegano, nei mesi di alta stagione, 60mila addetti (43mila dei quali dipendenti). Ma si tratterebbe di una realtà composta prevalentemente da piccole e piccolissime aziende. Il 69% degli imprenditori titolari della concessione sono uomini. L’età prevalente è ricompresa nella fascia 40-64 anni (68%), mentre 1 su 10 è possibile annoverarlo tra i giovani. Si stima che l’impresa balneare italiana abbia un fatturato medio pari a 260.000 euro. Maggiore è la competitività da parte delle aziende più strutturate (con un fatturato di oltre 300.000 euro), mentre sono alte le difficoltà per quelle tra 120.000 e 300.000 euro. Dalle interviste fatte per lo studio scaturisce che per ben otto imprenditori su dieci (tra titolari e soci) l’impresa balneare rappresenta la principale fonte di reddito della famiglia. I servizi cosiddetti ‘tradizionali’ (spiaggia, parcheggio e noleggio delle attrezzature), contribuiscono a generare la metà’ del fatturato, mentre quelli relativi alla somministrazione costituiscono un valore distintivo. Bar e ristoranti generano una quota addizionale di fatturato intorno al 48% del totale. Il solo ristorante, poi, è in grado di garantire una stagionalità più lunga, oltre 1 impresa su 4, infatti, è in grado di operare per più di 6 mesi l’anno. Le imprese balneari del Belpaese sono estremamente dinamiche: almeno 1 su 3 ha introdotto nuovi servizi a partire dal 2000. All’inizio di questo secolo sono stati inseriti o ampliati i servizi per ristorazione (50%), intrattenimento (45%), dotazioni sportive (39%) e noleggio (37%), con in aggiunta spazi legati al wellness e ai servizi commerciali. I servizi sono gestiti, prevalentemente, in forma diretta, affidati a terzi il parcheggio e il ristorante (in circa 2 casi su 10). La clientela degli stabilimenti balneari è largamente fidelizzata: più della metà ospite da almeno 5 anni e quasi 1/3 da oltre 10 anni.