C’è un blackout di comunicazione tra ospedali e servizi sanitari territoriali, ovvero i medici di famiglia, che si consultano quando un paziente è ricoverato in appena il 15% dei casi, mentre in otto casi su dieci i pazienti arrivano in reparto senza che si sappia nulla dei loro trascorsi in fatto di salute in quanto il fascicolo sanitario elettronico è aggiornato appena una volta su cinque. La conseguenza è pesante: in media tre ricoveri su 10 si sarebbero potuti evitare con una migliore presa in carico dei pazienti da parte dei servizi territoriali. Il che in numeri assoluti significa 2 milioni e 250 mila ricoveri evitabili l’anno, pari a uno spreco di circa 6 miliardi, calcolando che il costo medio di un ricovero è di circa 3mila euro. È questa la fotografia del muro che separa in sanità ospedali e territorio, scattata dall’indagine condotta da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, su un campione rappresentativo di tutte le Regioni, e presentata in occasione del 29/mo congresso nazionale che si apre oggi a Rimini. Fadoi punta i riflettori anche su un altro fenomeno, legato sempre ai ricoveri impropri: sono in media il 20% quelli di natura ‘sociale’ più che sanitaria. Ossia di pazienti che si sarebbero potuti assistere anche a casa se solo esistesse un servizio di assistenza domiciliare o una rete familiare in grado di accudirli. Ospedali e sanità territoriale, affermano i medici internisti, rappresentano dunque due mondi quasi incomunicabili che finiscono per generare accessi impropri ai pronto soccorso e ricoveri evitabili. Problemi che solo per il 7,6% dei medici potranno essere risolti da ospedali e case di comunità, il fulcro della riforma sanitaria territoriale finanziata complessivamente con oltre 7 miliardi del Pnrr.
Ogni anno 2 milioni di ricoveri impropri e spreco di 6 miliardi
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