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Nel treno che mi riporta a casa vedo le stazioni susseguirsi come fotogrammi sfocati di un film che ancora non riesco ad elaborare. Sanremo resta indietro, ma non mi abbandona… Le strade affollate, le canzoni cantate a squarciagola, gli sguardi affaticati eppur brillanti. Un’esperienza che mi ha risucchiato, avvolto, travolto. Un’altalena di emozioni, di adrenalina e stanchezza. Un vortice in cui tutto accade in un tempo che appare immobile e, al contempo, fugace.
L’emozione di entrare all’Ariston per la prima volta è inspiegabile per chi lo ha sempre visto attraverso uno schermo. Assistere alle prove generali, confrontarsi con colleghi e addetti ai lavori, è come sbirciare dietro le quinte di un magico show ancora in costruzione.
E poi ancora vivere il privilegio e la responsabilità di esprimere le proprie opinioni attraverso il voto della Sala Stampa che, precisiamo, svolge un lavoro meritorio nonostante venga talvolta ingiustamente attaccata da alcuni artisti e dai loro fan. 

La città, nei giorni del Festival, si tramuta in un organismo pulsante, febbrile, in cui ogni angolo diviene un palco per ogni sorta di esibizione, ed ogni momento si rivela una occasione per sentirsi parte di un circo mediatico di incalcolabile rilevanza.
Si parla infatti solo di questo. Tra colleghi, nei locali, nei taxi (impossibili da prenotare), nei corridoi affollati dove ci si scambiano opinioni, previsioni, commenti.
Controlli serrati, trambusto, connessione internet discontinua, ore di sonno insufficienti: lavorare a Sanremo non è semplice.
Gli artisti sono quasi inavvicinabili, se non alle conferenze stampa, affollate come mercati d’Oriente. E poi c’è chi interviene al Festival solo per solleticare il proprio ego, mettendosi in mostra ed ostacolando spesso il lavoro dei colleghi. Ma anche questo fa parte del gioco e non mette conto parlarne.

Eppure, dentro tutto questo caos ho conosciuto delle bellissime persone e ho ritrovato amici e colleghi testimoni di un’esperienza che ci ha fagocitato ma anche accomunato.
Sanremo in fondo è anche (e soprattutto) questo: connessioni, confronto, esperienze condivise.
E poi la musica. Il cuore di tutto. Quando ho ascoltato Olly per la prima volta, la sua canzone mi è arrivata subito, mi ha coinvolto, e la reazione dei giovanissimi in città il giorno successivo ne è stata la conferma. In molti gridavano il suo nome, anche nelle tante interviste che ho realizzato.
Quanto alla classifica finale, spiace ovviamente per Cristicchi e la sua poesia pura, e per Giorgia, senza dubbio la miglior voce del Festival. E qui una precisazione va fatta: le giurie della stampa l’hanno sempre premiata, ponendola costantemente ai primi posti, a differenza di quanto determinato dal televoto appannaggio dei telespettatori, in gran parte giovanissimi – oltre l’80% tra i 15-24enni – come rivelano le statistiche.

Anche Serena Brancale (brava interprete, con un brano più originale rispetto allo standard sanremese) e Rocco Hunt avrebbero meritato posizioni migliori. Ma bisogna accettare i verdetti. 

Sanremo è questo: un sogno forse sovradimensionato, ma che, nonostante tutto, vissuto dall’interno resta una esperienza incredibile. Sicuramente da farsi, almeno una volta nella vita, con la consapevolezza che dietro il sipario scintillante c’è anche fatica, disillusione, strategia. Ma c’è soprattutto la magia di essere testimoni del più grande spettacolo italiano, con il privilegio di raccontarlo. 

Tutta l’Italia, Tutta l’Italia, Tutta l’Italia.