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Napoli – Sono nata in Italia da madre ucraina e padre russo, i miei genitori sono oggi nelle rispettive patrie e io cerco di aiutare l’Ucraina da qui, con una grande risposta da parte dei napoletani”. Così Karina Samoylenko, ballerina del San Carlo, parla dei suoi difficili giorni intervenendo all’iniziativa del Consiglio regionale “donne e guerra” con gli allievi di due scuole del Napoletano.
Al momento il telefono da mia madre funziona – spiega – lei al mattino mi manda un messaggio al risveglio scrivendo ‘tutto bene, stiamo bene’. E’ un periodo molto difficile ma mia madre da casa mi dà grande forza, si trova a Zaparosie, capoluogo della Regione che ha una centrale nucleare presa dalla Russia.
Lei sta facendo da volontaria per rifornire i supermercati per le spese delle famiglie, e tramite mia sorella che vive in Italia stiamo cercando di organizzare una raccolta fondi per acquisti di medicinali da parte di mia madre per i bambini che arrivano nell’orfanotrofio della sua città”. Una situazione difficile che la ballerina vive anche attraverso il punto di vista di suo padre, russo: “Loro – spiega Samoylenko – stando da 22 anni sotto Putin pensano che non ci saranno passi indietro del loro leader e questa è anche la mia paura. Non voglio che il mondo si abitui a questa situazione come è avvenuto per altre guerre ma il mio sentore oggi è che non si sa quanto andrà avanti tutto questo. So che sono state evacuate sei città, è una bella notizia perché i civili sono potuti scappare ma dall’altro lato si capisce che c’è un piano terribile russo per quelle città”.
La ballerina del San Carlo vive in una Napoli di cui sente la vicinanza al popolo ucraino: “E’ con grande cuore – dice – che ringrazio la solidarietà che tante persone stanno dimostrando in questi giorni a Napoli. Io stessa ho cercato di collaborare con associazioni e cercare di raccogliere vestiti, cibo e medicinali, aiutata anche dal corpo di ballo del San Carlo, che sono stati di grande aiuto in questo periodo per me molto intenso emotivamente”. In lei c’è la speranza che tutto finisca: “La speranza c’è – dice – e serve per aiutarci, ma purtroppo penso che anche al tavolo di trattativa entrambe le richieste dei due Paesi siano poco attuabili da Ucraina e Russia. Mi auguro tanto che si arrivi a un accordo diplomatico, visto che non si colpiscono i siti militari ma ci vanno di mezzo tantissimi civili e bambini. Spero che questo possa fermare le autorità, che si rendano conto dell’orrore e si torni alla seminormalità, per rivedere l’Ucraina che vedevo ogni estate.
Per gli artisti anche la situazione è difficile, soprattutto in Russia dove prendere una posizione pubblica sulla guerra ti porta alla legge fatta da poco di grande privazione di libertà, con in gioco la galera per la libertà di espressione che non è più un diritto. Se io fossi in Russia mi dimetterei dal teatro pubblico? Probabilmente sì”.