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Senza nulla togliere a Roma, ‘caput mundi’, la città eterna che non ha bisogno del cantastorie o dell’offerta turistica per funzionare, Napoli avrebbe tanto da offrire se non fosse per la “salsa di soia” nella quale lasciamo affogare tutto. Questa espressione colorita che definisce in maniera fotografica l’offerta turistica partenopea, è un po il cappio nel quale la città si trova tra le gravi carenze infrastrutturali, i servizi non all’altezza e come contro altare l’ampia gamma di food e street food che dovrebbe confondere il turista, estasiarne il palato e gettare un velo pietoso su inefficienze e mancanza assoluta di un progetto turistico per la capitale del Mediterraneo.
In effetti, il problema è proprio quello: Napoli, capitale del mare nostrum è priva di una strategia turistica valida, credibile e attuabile come quelle in vigore ad esempio a Firenze, Venezia e nella stessa Roma. “Ciò che manca, in primo luogo,  – esordisce l’economista Gianni Lepre, consigliere del ministro della Cultura –  è la sinergia interistituzionale, oltre a quella associativa. Il turismo, che è una delle voci più corpose del nostro Pil, in Campania sembra invece un intralcio, un surplus, e così facendo l’offerta viene affidata all’immaginazione dei visitatori e all’immancabile e universalmente nota enogastronomia locale nella versione 4.0 dello street food”.
Il prof. Lepre che tra l’altro è presidente della Commissione Economia della Cultura dell’Ordine nazionale dei Dottori Commercialisti e presidente della Commissione Reti e Distretti Produttivi di Odcec Napoli, ha poi continuato: “Una grande confusione vige anche nelle strutture ricettive della città, tutte sold out, ma con enormi problemi di gestione dei flussi, e addirittura anche per consigliare ai turisti dei percorsi e cosa vedere. Alla politica piace solo appuntarsi delle medaglie in petto, ma è distante anni luce dai problemi reali della gente e in questo caso delle tante piccole e micro imprese che lavorano nell’ambito turistico”.
Lepre ha poi spiegato: “Se Roma ha avuto quasi 30mln di visitatori non è solo per il fatto che stiamo parlando della città eterna, ma anche perché nella capitale l’industria turistica è gestita sinergicamente con dei percorsi condivisi, aggiornati e fruibili a qualsiasi orario del giorno. Napoli, con risultati più che lusinghieri, si ferma a 2 mln di visitatori in anno, numero legato a molti gap, tra cui sicuramente il fatto che è una città visitata perché nell’ambito di un giro più lungo e complesso. In pratica a Napoli buona parte dei turisti arrivano perché vanno anche altrove tra cui le mete primarie restano Pompei, Capri, Sorrento e la costiera. Per cui essendo una città di passaggio la permanenza, sempre secondo i dati, varia tra 1 e 2 giorni di cui solo 1 di pernottamento. A Roma, Firenze e Venezia, il turismo di massa va per vedere i luoghi e la permanenza minima è tra 2 a 4 giorni. Un turismo di questa maniera – sottolinea Leprelo abbiamo avuto solo nell’ambito dei festeggiamenti per lo scudetto del Napoli, quando tanta gente è arrivata in città per assistere alle varie sfilate organizzate con una permanenza minima di 3 giorni”.
Il prof. Lepre ha poi concluso: “Ovviamente le criticità sono tante altre, ma queste che abbiamo analizzato sono quelle che generano quel cappio di cui parlavamo prima. E’ prioritario oggi scollegare l’offerta turistica dal food, dopotutto la pizza, il tarallo il babbà o la sfogliatella non hanno bisogno di essere promossi, esistono e sono l’anima golosa di un popolo. La promozione va rivolta alle grandi attrazioni culturali, all’arte e all’artigianato artistico che fanno di Napoli la capitale del made in Italy, al mare, alle bellezze naturali e paesaggistiche, al centro storico patrimonio UNESCO. Tutto questo però va gestito in maniera sinergica anche in considerazione delle migliaia di posti di lavoro anche stagionali che questo può comportare”.