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Punta a chiedere una perizia psichiatrica la difesa di Alessandro Impagnatiello, per il quale, il prossimo 18 gennaio, inizierà il processo, in cui rischia l’ergastolo, per l’omicidio di Giulia Tramontano, la fidanzata incinta al settimo mese uccisa con 37 coltellate nella loro abitazione di Senago, nel Milanese, lo scorso 27 maggio. Mentre i legali dell’imputato stanno anche valutando un eventuale percorso di giustizia riparativa, previsto, come da riforma Cartabia, per tutti i condannati. “Non parliamo ora di giustizia riparativa, però, deve ancora iniziare il processo“, spiega l’avvocato Giulia Geradini, che assiste il 30enne assieme alla collega Samanta Barbaglia.
La difesa chiarisce che la giustizia riparativa – forma di risoluzione del conflitto e riparazione del danno con programmi di mediazione, del tutto sganciata dal procedimento penale e a cui le parti offese non devono necessariamente partecipare – è una possibilità per tutti i condannati. Tanto che il gip di Milano Angelo Minerva con formula standard, ha indicato, come previsto, questa “facoltà” per Impagnatiello nel decreto di giudizio immediato emesso due giorni fa.
La difesa, come chiarito, valuterà pure questa possibilità e semmai ne farà richiesta ai giudici della Corte d’Assise o più avanti ancora nel corso del procedimento. Sarà, poi, nel caso il Centro per la giustizia riparativa del Comune di Milano a dover dare il via libera definitivo al programma, se ne individuerà uno adatto per il 30enne. Intanto la difesa ha spiegato che si sta muovendo e sta valutando di presentare una richiesta di perizia psichiatrica nel processo per valutare la capacità di intendere e volere del giovane al momento dei fatti. Istanza che potrebbe far leva su consulenze difensive portate avanti in questi mesi. Una delle possibilità per la difesa del giovane teoricamente è anche quella di far acquisire tutti gli atti, rinunciando a sentire i testi in aula, in una sorta di abbreviato di fatto.
La giudice Minerva due giorni fa ha accolto la richiesta di processo immediato avanzata dall’aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo nelle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo. E ha riconosciuto le quattro aggravanti contestate: premeditazione, crudeltà, futili motivi e rapporto di convivenza. Come si legge negli atti, il 30enne avrebbe cercato on line “già a partire dal dicembre 2022” gli “effetti del veleno per topi sull’uomo” e avrebbe fatto “ingerire per alcuni mesi all’inconsapevole vittima del bromandiolone“, un “potente” topicida, “intensificandone la somministrazione a partire dal marzo” scorso, in un “quantitativo tale da raggiungere anche il feto“.
Prima che rientrasse Giulia quella sera del 27 maggio, poi, avrebbe cercato su internet “ceramica bruciata vasca da bagno“. Nella vasca, infatti, tentò di bruciare il corpo, dopo aver aggredito la donna alle spalle “al collo, al dorso e al viso con 37 coltellate, di cui almeno 9 sferrate quando la vittima era ancora viva“. Impagnatiello è anche imputato per interruzione di gravidanza non consensuale, per la morte di Thiago, e per occultamento del cadavere. Tentò di bruciarlo anche “nel proprio box” e poi lo nascose “avvolto in buste di plastica” in un “anfratto posto dietro” ad un box non lontano dalla casa della coppia, dove fu trovato dopo quattro giorni. Il 30enne, barman in un hotel di lusso a Milano, aveva una doppia vita e, stando alle indagini, avrebbe potuto uccidere anche l’altra donna con cui aveva contemporaneamente una relazione. La giovane di 23 anni, però, dopo aver conosciuto quel 27 maggio Giulia con la quale era nato un legame di “solidarietà“, quella sera non lo fece entrare in casa per “paura“.