Tavolino selvaggio? A Napoli “mancano i controlli sulla dimensione degli esercizi” accusa il consigliere comunale Gennaro Esposito (gruppo Manfredi Sindaco). Secondo Esposito – avvocato e presidente del comitato Vivibilità cittadina – il caos tavolini nasce lì. Dal modo in cui vengono concesse le occupazioni di suolo pubblico agli esercizi commerciali. Il vulnus si anniderebbe nel Regolamento comunale di igiene e sanità. In particolare, nel rispetto dell’articolo 17 (Requisiti igienici dei locali e delle attrezzature) e seguenti.
“Quest’ultimo regolamento, di fatto – sostiene il consigliere -, viene completamente disapplicato”. Questa parte “del regolamento è relativa agli esercizi commerciali, che possono ottenere l’occupazione di suolo pubblico – spiega Esposito – in ragione del numero di bagni che hanno. Ma bisogna valutare anche la dimensione del locale e dei bagni, disciplinati dal regolamento di igiene e sanità. Però queste regole non vengono applicate”.
Come mai?
“Perché non basta controllare che vi siano i bagni: se questi misurano un metro per un metro, oppure se l’esercizio ha due bagni ma ha superficie commerciale di 7 metri quadri, la Scia non gliela si può dare. Ma questo controllo non lo fanno”.
La Scia, come noto, è la Segnalazione certificata di inizio attività. La deve presentare il titolare dell’esercizio allo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) del Comune. L’ufficio comunale è tenuto ad inoltrarla agli enti di controllo, per le verifiche di competenza: ad esempio l’Asl, l’Arpa e i Vigili del Fuoco. Ma la filiera dei controlli si incepperebbe inesorabilmente. Il regolamento di igiene e sanità, d’altro canto, disciplina una Scia di tipo A, esercizi di ristorazione, e una di tipo B, attività di somministrazione come bar, caffè, rosticcerie e gastronomie.
Lo schema di tipo A prevede: fino a 30 posti a tavola “Un lavandino-un gabinetto”; fino a 50 posti “servizi separati per donne e uomini ciascuno con un lavandino-un gabinetto”; fino a 100 posti “servizi separati per donne e uomini ciascuno con due lavandini-due gabinetti; fino a 150 posti “servizi separati per donne e uomini ciascuno con tre lavandini-tre gabinetti”.
Più articolato lo schema di tipo B. Per esempio, la superficie destinata agli avventori non può essere inferiore a 20 mq, per bar e caffè con somministrazione di piatti caldi anche precotti. Obbligatorio, naturalmente, il servizio igienico per i clienti. Per rosticcerie e gastronomie il locale destinato a cucina dovrà essere comunicante con il negozio, ed avere una dimensione minima di 15 mq.
Ma spesso tutto ciò varrebbe solo sulla carta. “A Napoli – denuncia Esposito – gli architetti che fanno ristrutturazioni di questi ‘buchi’, si sono specializzati a fare microbagni. Fanno due bagni pure in un buco di 10 metri quadrati, per poi occupare una moltitudine di tavolini”. Ciò avverrebbe “perché i controlli contano solo il bagno, ma non la sua dimensione, che deve essere regolamentare, e non contano la dimensione delle superficie di somministrazione, che deve rispettare il regolamento di igiene e sanità”.
Il risultato è sotto gli occhi.