Napoli – Gli ultrà tedeschi dell’Eintracht Francoforte a Napoli tentano di farla da “padroni”. In pieno centro, tra i sublimi palazzi storici orgoglio dell’anima culturale partenopea, l’inferno della guerriglia si tinge del rosso delle torce degli hooligans. Preoccupa l’escalation di violenza sempre più ravvicinata, che ha una matrice organizzata, delocalizzata. Gli scontri infatti avvengono lontano dagli stadi, con sempre più uso di armi da fuoco ed esplosivi.
“E’ un trend, che come risulta dalle nostre ricerche, è molto simile alla violenza delle gang di strada statunitensi che agiscono utilizzando le pistole, piuttosto che risolvere le cose alla “vecchia maniera” scontrandosi a mani con gli avversari”. Questo quanto reso noto da Luca Vincenti, sociologo e criminologo ricercatore in materia, che ha precisato: “Stiamo assistendo all’innalzamento del livello dello scontro, ipotesi che avevamo previsto più di 20 anni fa, nella ricerca sul tifo violento intitolata “Diari di una domenica ultrà”. La ricerca socio-criminologica, oggi dimostra, quanto sia stata realistica la previsione. Tutto ciò accade poiché sono inefficaci gli strumenti legislativi! La Legge ad oggi non punisce ancora la violenza negli stadi come un reato commesso da gruppi organizzati, rifiutando di concepire questa associazione in banda, come un vero e proprio reato di associazione a delinquere. Sebbene sia stata dimostrata in diverse nostre ricerche l’esistenza di una rigida struttura gerarchica di tipo militare, di un fine razionale perseguito dai leader che mirano concretamente al controllo di un territorio per ottenerne un profitto, la legge non cambia.”
“Iniziare a concepire l’appartenenza degli ultrà alla banda da stadio, – sottolinea il criminologo – e la loro azione come un reato di tipo associativo, fornirebbe alla giustizia maggiori strumenti per la repressione del fenomeno. Occorre vedere questa violenza non come spontanea, ma come organizzata, preordinata, frutto di un interesse strategico di alcuni gruppi all’interno di un gruppo più ampio. Si tratta di un interesse spesso pilotato dalle organizzazioni criminali tradizionali, che sono penetrate nelle curve agli inizi degli anni 90 assumendone il controllo in un rapporto di partnership con i leader delle bande da stadio. Ormai è cosa nota da diverse inchieste giudiziarie – come l’inchiesta Last Banner che ha coinvolto i leader ultrà juventini – che attorno al mondo ultras gravitano una costellazione di soggetti connessi alla criminalità organizzata e che questi coordino attivamente i vari business legati alle curve.”
“A Napoli tra ultrà napoletani e quelli Francofortesi abbiamo assistito ad una trappola della guerriglia urbana, che funziona sempre allo stesso modo: azione-aggressione, retroazione-risposta preordinata, ovvero preparata, organizzata. E’ la polvere che aspetta la miccia, altre volte, viceversa. Chi provoca, e chi accetta, il modello si moltiplica in modo virale. Negli scontri a fare da “cuscinetto” sono le forze dell’ordine. I filmati evidenziano la strategia della trappola tesa dagli ultras agli agenti. E’ fondamentale – continua – comprendere la capacità organizzativa degli ultrà, poiché il loro modello di guerriglia urbana ci da molte informazioni sul tipo di gruppo-organizzazione e sulla preparazione a tavolino di questi scontri. Infatti, analizzando i filmati possiamo individuare diverse fasi degli incidenti, non improvvisati ma strategicamente pianificati ed organizzati dalle forze in campo. Fase 1. Gli ultrà marciano in città, poi arrivano al luogo programmato provocando gli agenti, cercandone quindi una reazione. Fase 2. Si dividono in 2 lati ed indietreggiano in zone contrapposte. Fase 3. Un gruppo di ultrà si ritira lentamente in un tunnel “artificiale” fatto dal muro e dai bus posteggiati, mentre gli altri aspettano il loro turno. Fase 4. Attendono che le forze dell’ordine perdano la visibilità dei propri colleghi, mentre sul lato opposto, è pronta un’altra fazione del gruppo. 4.4.1 Tra i due muri artificiali inizia la reazione. Un comando irrompe sulla scena invocato dalle urla. Fase 5. Gli ultras attaccano su 2 lati, lanciando oggetti. Ne studiano la reazione, e l’offensiva inizia, ma in modo moderato. Fase 6. Il funzionario della polizia nota l’anomalo schieramento. E’ in quel momento che indietreggia rapidamente evitando il peggio e gestendo la situazione.”
“E’ evidente che siamo davanti ad un gruppo organizzato con un’alta divisione del lavoro, e una capacità elevata di gestire una guerriglia urbana grazie ad una forte organizzazione interna. La conferma arriva dal fatto che i soggetti implicati sono stranieri rispetto ai luoghi dove essi provocano gli incidenti. Nonostante la situazione di svantaggio territoriale e logistico, risultano militarmente e strutturalmente organizzati, tanto da imprimere una forte conflittualità nell’azione, rendendo impegnativo il contenimento e la repressione. Una pronta gestione da parte delle forze dell’ordine ha evitato il peggio. E’ fondamentale – conclude l’esperto -intraprende un percorso che includa un’azione di contrasto corale, così come indicata nel “decalogo anti-violenza”, 10 regole per fare il tifo.”