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Nel motivare le esigenze cautelari, il gip parla di “atteggiamenti sadici” degli indagati, e della presunta vittima trattata “alla stregua di un fantoccio solo per sfogare la proprie repressioni”, approfittando “del ritardo mentale del ragazzino”. Forse nemmeno questo descrive appieno il quadro accusatorio, sorta di galleria degli orrori perpetrata a Sant’Antimo, nell’hinterland napoletano. Ma basta a spedire in cella un 19enne, un 20enne ed un minorenne incensurati, cui vengono contestati gli atti persecutori e la violenza sessuale di gruppo aggravati. A gettare un’ombra di squallore, è lo scenario in cui sarebbero maturati. La frequentazione amicale tra gli arrestati e il compagno di scuola,  ritenuto vittima. Nell’ordinanza cautelare il gip Vincenzo Saladino, del tribunale di Napoli Nord, scrive: i tre giovani “si portavano quasi quotidianamente a casa della persona offesa fingendosi suoi amici solo per schernirlo e dare sfogo alle proprie frustrazioni”. Come? “Aggredendolo fisicamente con pugni, calci, spintoni, schiaffi e tirate di capelli ed offendendolo continuamente anche per il suo handicap”.

La storia sarebbe andata avanti dall’inizio del 2022 al marzo di quest’anno. Le indagini sono partite il 14 settembre scorso. Quel giorno, la madre del ragazzino ha sporto querela dai carabinieri della tenenza di Sant’Antimo. “Aveva appreso dei soprusi patiti dal figlio – si legge nelle carte – solo una ventina di giorni prima, allorquando lo stesso” le aveva inviato “dei video che lo ritraevano mentre i sedicenti ‘amici’ lo picchiavano, gli sputavano addosso, gli urinavano addosso“. Ad avvertirla era stato il figlio maggiore, scoprendo casualmente i video sul cellulare del fratello. Nelle immagini, la donna riconosceva il 20enne arrestato. Il giovane indagato “dopo essersi denudato“, avrebbe poggiato “le proprie parti intime” sul viso del figlio. Il tutto “seguitando a picchiarlo“. Violenze confermate dal ragazzino, ascoltato dagli inquirenti. Il gip considera “le dichiarazioni della giovane vittima, ampiamente riscontrate e corroborate dai video“. È ripreso “mentre viene ripetutamente percosso cori schiaffi, pugni e calci, trascinato sul pavimento, bersagliato dagli sputi, in una occasione, costretto a subire l’umiliazione di essere scaraventato in una botola“. In quel frangente, il 20enne “gli urinava addosso“, tra “le risate di scherno, le urla di incitazione e le ingiurie di tutti i presenti, condotte divenute abituali”.

Dalla lettura di certe chat, il giudice trova conferma di un meccanismo di “condotte tese a vessare ed umiliare per puro divertimento, posto in essere in modo pianificato e sistematico“. Nei messaggi, infatti, “i falsi amici scrivevano” al ragazzino “per deriderlo e ingiuriarlo”. Le azioni, peraltro, “sono numerosee non certo limitate a quelle immortalate in quei video osceni“. Il giudice non ha dubbi neppure sugli “atti francamente sintomatici di perversione sessuale di tutti i compartecipi“. Non sarebbero “privi di rilevanza penale”, anche se “volti essenzialmente a umiliare la vittima“. Il ragazzino disabile, invece, risulta “profondamente segnato“. Emerge la sua “paura degli indagati e di uscire da solo“. secondo la madre “dopo i fatti, il figlio si era rifiutato di andare a scuola, era più nervoso“. Il giovane bullizzato viene escusso due giorni dopo la denuncia. Racconta di conoscere da anni i tre accusati, il minore perfino “da quando ero piccolo”. “Ad un certo punto – afferma – loro sono cambiati con me, da marzo“. Si sarebbero trasformati in mostri. Pure la mamma fa sapere di aver subito minacce: autori sarebbero alcuni parenti dei ragazzi incriminati.