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Un ridimensionamento della sentenza di primo grado e percorsi di accoglienza e di supporto psicologico”: è quanto il garante campano delle persone private della libertà personale Samuele Ciambriello auspica per Simone Isaia, ritenuto responsabile dell’incendio che ha distrutto la “Venere degli Stracci” a Napoli, per il quale domani inizia processo d’appello. In primo grado Isaia venne condannato a quattro anni di carcere e a pagare una multa da 4mila euro.
La prigionia da mesi di Simone Isaia – sottolinea Ciambriello – è una sconfitta umana e sociale per tutti noi. La sentenza di primo grado a 4 anni di carcere è una sentenza sproporzionata ed eccessiva. Mi auguro che sia ridimensionata domani in appello. Simone è un ragazzo fragile, una persona in difficoltà, ma non pericolosa. Ho visto in questi mesi che gran parte dell’opinione pubblica ha fatto valutazioni obiettive e garantiste sull’argomento. Mi auguro che nella giornata di domani siano attuati percorsi di accoglienza e supporto psicoeducativo per il giovane Simone. Voglio festeggiare domani, giustizia e libertà per Simone Isaia”, conclude il garante.

La prego di non considerare questa mia lettera come un’intromissione indebita volta a influenzare il suo giudizio poiché il mio scopo, come cittadino e vescovo, è unicamente quello di sottolineare come il giovane in questione sia anzitutto una persona in difficoltà, fortemente fragile, vissuto per diverso tempo in condizioni di marginalità sociale”.
Prima delle festività pasquali l‘arcivescovo di Napoli, monsignor Domenico Battaglia, ha rivolto un appello al giudice chiamato a decidere su Simone Isaia, il giovane condannato in quanto ritenuto l’autore dell’incendio che ha distrutto la Venere degli Stracci in piazza Municipio, a Napoli.
In un’accorata lettera indirizzato al giudice, mons. Battaglia fa sapere di essere pronto a prendersi cura del ragazzo.
Inoltre il padre e la madre del ragazzo, rappresentati dall’avvocato Carla Maruzzelli, hanno incontrato padre Antonio Loffredo, che ha offerto loro ogni tipo di supporto.
Ogni qualvolta incontro queste storie – scrive nella missiva l’arcivescovo di Napoli – mi domando dove ero, dov’era la mia Chiesa, dov’era la comunità sociale. Quindi la prego di interpretare queste mie parole come le parole di un prete arrivato troppo tardi e che ha tutta l’intenzione, insieme alla sua Chiesa, di ‘riparare’, dichiarandosi disponibile a seguire Simone in percorsi di accoglienza, supporto psicoeducativo e riabilitazione, mettendo a servizio di tali percorsi le energie più belle e competenti della Chiesa napoletana”.