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La Regione Campania soccombe in una causa di lavoro, e deve risarcire per “perdita di chance” un dirigente del consiglio regionale, effetto della mancata assegnazione al ruolo cui avrebbe avuto titolo. La condanna al pagamento di 20.000 euro diventa un debito fuori bilancio, riconosciuto dal Consiglio, come prassi in questi casi.

Tutto nella norma, tranne un’obiezione. “Comprendo che quando c’è una sentenza bisogna pagare, a meno che gli uffici non riescano a opporsi in tempo utile e farlo nella maniera giusta – obietta la consigliera Maria Muscarà (gruppo misto) nel consiglio di ieri -. Nella lettura delle carte c’è una cosa strana: un lavoratore di una pubblica amministrazione chiede, a diritto, un ruolo. Ma se il ruolo non viene dato perché l’amministrazione decide altro, punto. Dov’è la perdita di chance considerando che il posto occupato non cambiava la remunerazione?”.

Muscarà, in sostanza, contesta la motivazione del pagamento. E accusa la Regione di non aver opposto un’efficace difesa al ricorso del dipendente. “Sono debiti fuori bilancio che – attacca la consigliera – pagano i cittadini. L’ufficio di presidenza e il consiglio approvano e pagano, tanto non sono soldi loro”. Non si parla, nella fattispecie, di cifre astronomiche. Ma, come si dice, è il principio che conta. E Muscarà, proprio per principio, vota contro l’approvazione di questo debito. Anche perché la vicenda potrebbe costituire un precedente in materia. “Non vorrei che – dice la consigliera – i soldi del consiglio vengano prosciugati da richieste per la perdita di chance”. Sul punto, va sottolineato come la sentenza accolga parzialmente il ricorso.

A trascinare la Regione in tribunale, un dirigente dell’unità dirigenziale Studi Legislativi ed Assistenza Legislativa alle Commissioni Ordinarie del consiglio. Nel ricorso, afferma di aver partecipato alla procedura di interpello per l’affidamento degli incarichi dirigenziali vacanti, deliberata dall’Ufficio di presidenza del consiglio per determinate unità dirigenziali. Al momento delle assegnazioni, però, la sorpresa sgradita: al dirigente va un’unità “per la quale – specifica la sentenza – non aveva manifestato interesse”. Di contro, sfuma – perché assegnata ad altra dirigente – l’unità “per la quale l’istante aveva espresso interesse”. Morale: per il ruolo sfuggito, il giudice riconosce al ricorrente, tra l’altro laureato in giurisprudenza, titoli “più conferenti, e dunque prevalenti” rispetto alla dirigente prescelta, laureata in sociologia. Questo “avuto riguardo – spiega la sentenza – alle competenze proprie” della unità dirigenziale contesa. Ossia: attività di consulenza tecnico giuridica e precedenti regolamentari alle Commissioni consiliari.

Pertanto la Regione è condannata a risarcire il ricorrente con 13.667 euro, lievitati a 19.403,71 con interessi legali e spese di giudizio. Al dirigente viene riconosciuto il danno per la “concreta ed effettiva occasione perduta di conseguire un ulteriore sviluppo o progressione nelle competenze professionali già acquisite, ma considerando la circostanza che il ricorrente è già attributario di analogo incarico presso Unità Dirigenziale avente le medesime competenze ed attribuzioni di quella per cui è ricorso”.