Napoli – A Napoli si è ripetuto il prodigio del ‘miracolo’ di San Gennaro. ‘Il segno del sangue ancora una volta‘, sono state le parole con cui l’arcivescovo di Napoli, monsignor Domenico Battaglia, ha annunciato ai fedeli riuniti nel Duomo l’avvenuta liquefazione del sangue del Santo Patrono.
L’annuncio è stato dato alle ore 9.27. Le parole dell’arcivescovo sono state accolte con un lungo applauso. Il ripetersi del ‘miracolo’ è letto dai fedeli come segno di buon auspicio per Napoli e la Campania. Il miracolo avviene tre volte l’anno: il 19 settembre, giorno di San Gennaro, il sabato che precede la prima domenica di maggio, e il 16 dicembre.
”Poco importa, fratelli e sorelle mie, che il sangue si sciolga o meno: non riduciamo mai questa celebrazione a un oracolo da consultare. Credetemi, ciò che importa davvero al Signore, ciò che ci chiede con forza il nostro vescovo e martire Gennaro è l’impegno quotidiano a scommettere sull’amore, a sciogliere i grumi dell’egoismo, a rompere le solide dighe che trattengono il bene lasciando che la linfa dell’amore, come il sangue, scorra nelle vene del corpo di questa città, fino all’ultimo capillare, donando a tutti speranza, fiducia, possibilità di riscatto e novità di vita”.
Lo ha detto l’arcivescovo di Napoli, monsignor Domenico Battaglia, nell’omelia per le celebrazioni di San Gennaro ed ha aggiunto: ”Oggi il vescovo Gennaro, il segno del suo sangue versato per amore di Cristo e dei fratelli, ci dice che il bene, la bellezza, la bontà sono e saranno sempre vittoriose. Questo è il senso di questo sangue che, unito al sangue versato da Cristo e a quello di tutti martiri di ogni luogo e di ogni tempo, è testimonianza viva che l’amore vince sempre”.
”Non nascondiamoci la verità: sono tanti in questo periodo storico i motivi per essere preoccupati, le ragioni per cui scoraggiarsi. Dalla guerra alla crisi energetica, da una pandemia globale al male endemico della criminalità locale ma non dimentichiamo neanche che dinanzi alle difficoltà della storia spesso a pagare sono quasi sempre gli ultimi, i poveri, i più piccoli, anche di età. Questa nostra città metropolitana ha bisogno di un sangue vivo, di una nuova linfa d’amore, di una nuova speranza, è questo che oggi il Signore ci chiede e Gennaro ci domanda”. E’ un passaggio dell’omelia pronunciata dall’arcivescovo di Napoli, monsignor Domenico Battaglia, in occasione delle celebrazioni di San Gennaro.
”Insegna a chiunque ricopre un ruolo di responsabilità e di governo o a chiunque ambisce a ricoprirlo che il potere senza amore è destinato a far male agli altri come a sé, mentre il servizio autentico e disinteressato mosso dall’amore per il bene, rimane nella memoria grata della storia”. E’ la preghiera che l’arcivescovo di Napoli, monsignor Domenico Battaglia, ha rivolto a San Gennaro nel corso dell’omelia peer le celebrazioni del Santo Patrono che si stanno svolgendo nel Duomo di Napoli.
”Gente di Napoli, ogni figlio di questa città ti appartiene ed è per questo che occorre impegnarsi ancor di più nel processo del Patto educativo, ridestando il “noi” in chi si occupa di educazione”. Lo ha detto l’arcivescovo di Napoli, monsignor Domenico Battaglia, durante l’omelia per le celebrazioni di San Gennaro.
L’arcivescovo ha annunciato che ”nel mese di ottobre in alcune zone della città muoveranno i primi passi dei tavoli volti a creare delle reti educative territoriali. Delle reti – ha spiegato – capaci di arrivare prima del sistema camorristico: un sistema che uccide un povero clochard prescelto per essere cavia dell’apprendistato di un ragazzo apprendista killer, un sistema che arruola sempre più minori non imputabili di reato, un sistema che guarda ai giovani non veduti dagli altri come fonte di nuove reclute”.
Battaglia ha sottolineato che ”il Patto deve e può prevenire tutto questo attraverso delle reti educ-attive, con due t, reti in cui tutti dimostrino volontà fattiva di camminare insieme”.
Rivolgendosi ai napoletani Battaglia ha affermato: ”Gente di Napoli, magnifica gente della mia terra partenopea, è solo dal sedersi insieme, dalla volontà di essere non solo l’uno accanto all’altro ma l’uno per l’altro che si può cambiare la cultura dell’indifferenza dando vita a una rete educativa a maglie “strette”, dando così speranza al presente e al futuro di questa nostra terra”.
”Prega Gennaro, per l’Italia intera, per le tante famiglie attonite dinanzi a un costo della vita sempre più insostenibile e suscita nel cuore dei governanti e dei legislatori, a qualsiasi parte appartengano, il desiderio autentico di servire la comunità con onestà e senza privilegi, mettendo il bene degli ultimi al primo posto, cosicché nessuno resti fuori dalla possibilità di una vita dignitosa”. Ha aggiunto l’arcivescovo, monsignor Battaglia, nella cui omelia non ha mancato di far riferimento alla necessità che si preghi ”per l’Europa intera e per il mondo afflitto da una guerra mondiale a pezzi, come dice il nostro Papa Francesco, fatta di tante guerre note e meno note, alcune combattute con le armi, e altre attraverso la spietatezza di un’economia senza cuore: la testimonianza evangelica del tuo amore non violento e l’offerta pacifica della tua vita ci insegnino – ha proseguito – che è possibile scommettere sulla pace, che è possibile un mondo senza violenza, che è possibile trasformare il male in bene”.
”Tu Chiesa partenopea, radunata in Sinodo, oggi più che mai devi essere a servizio di questo processo culturale che pone al centro l’uomo, l’uomo ferito, per divenire sempre più ciò che già sei, un ospedale da campo, una comunità in uscita, un lievito capace di fermentare la pasta del nostro popolo strappandolo allo scoraggiamento e restituendolo alla speranza”. E’ l’invito rivolto dall’arcivescovo di Napoli, monsignor Domenico Battaglia, nel corso dell’omelia per le celebrazioni di San Gennaro. Nel concludere, il vescovo detto: ”Napoli è piena di gente che ama la gente e questa gente è la sua vera e più grande ricchezza, questa gente deve contagiare anche la gente che fa fatica ad amare, la gente che si isola, che si arrocca nei suoi piccoli paradisi artificiali, la gente ferita che delusa non vuole più scommettere sulla comunità e sul bene comune”.