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NAPOLI – “Non è un rigurgito del passato”, precisa l’ex presidente della Provincia di Salerno e più volte parlamentare Alfonso Andria. Tutt’altro: lungo il tavolo per nove sistemato in una sala dell’Hotel Vesuvio che, ad un certo punto, dà un po’ l’impressione dell’Ultima Cena di Leonardo, è il futuro anche oltre la prima vita terrena che vogliono annunciare gli apostoli del popolarismo. “Finalmente tornano i Popolari, scrivetelo con il punto esclamativo!”, suggerisce Giuseppe Gargani, parlamentare di lungo corso, la prima volta nel 1972.

Nasce così Popolari Campani. E i grandi vecchi che battezzano la nuova formazione politica centrista, un po’ popolare, un po’ liberale e un po’ riformista, sono due: oltre all’87enne Gargani, c’è Paolo Cirino Pomicino, ‘o ministro per eccellenza della Prima Repubblica, 83 anni festeggiati ad inizio mese, ma pronto alla nuova avventura spalancando le porte a forze più giovani.
 
Ma questo, nel giorno in cui, ironia della sorte, a Napoli (e non solo) spopola sui social il video di Luigi Di Maio, il 36enne più dc che passa oggi il convento, che viene preso come un bambino a fare l’aeroplanino da Nennella, la taverna dei Quartieri, modello Dirty Dancing. Ecco: tra vecchi e nuovi democristiani, qualche differenza c’è: “Di Maio – puntualizza Pomicinonon è mai stato un democristiano. Hanno cominciato a chiamarlo così solo perché ha preso a non urlare più. Ma io non posso dimenticare le sciocchezze di cui si è reso protagonista: dal confondere il Venezuela con il Cile al dichiarare di aver abolito la povertà. In realtà, è il frutto di un sistema politico fru fru, non in condizione di guidare il Paese”.
 
Ma tant’è: il 25 settembre, si va al voto. E i Popolari Campani che indicazione daranno?
 
Daremo una indicazione, anche se molto leggera, per il Terzo Polo”, risponde, inaugurando la formula light come una Philadelphia, l’ex ministro al bilancio dei governi Dc. “D’altronde, gli altri hanno fallito prendendo il primo che passava per strada, Giuseppe Conte, e l’ex banchiere centrale, Mario Draghi. Con Calenda e Renzi, invece, almeno c’è il tentativo di dare il via a una nuova stagione. Noi o confluiremo in esso, oppure continueremo per la nostra strada facendo d’esempio ad altri partiti regionali che potranno formarsi”.
 
Tuttavia: a ben vedere, i Popolari Campani non partono da zero. Un anno fa, con Azzurri per Napoli e Italia Viva, furono tra le liste che fecero votare Gaetano Manfredi sindaco di Napoli. Pomicino ne è pentito? “Manfredi non era il nostro candidato, ma lo abbiamo sostenuto e il laboratorio napoletano ha funzionato anche se solo per l’elezione di qualche consigliere. In realtà, infatti, siamo all’abc. Lo stesso Patto per Napoli non è quello che ci aspettavamo: è un provvedimento lontanissimo dal poter risolvere i problemi della città. Guardi: ad oggi, noi dobbiamo fare i conti con due cose. La prima è l’età avanzata di alcuni di noi. La seconda sono proprio i problemi di Napoli che sono lungi dall’essere risolti. Per questo speriamo che arrivino anche forze giovani”.
 
Con questa missione, sono stati indicati come coordinatori dei Popolari Campani Stani Lanzotti, Erminia Mazzoni e Francesco Ranieri.
 
Ma se andrà la destra di Giorgia Meloni al governo? “Dire che automaticamente si andrà in default è solo un tentativo banale di terrorizzare gli elettori – risponde l’ex ministro del Tesoro – D’altra parte, chi ha lascia l’Italia con 2700 miliardi di debito è la sinistra. La destra vincerà e vincerà anche di brutto. Spero solo che la Meloni sia capace di trovare gente anche al di fuori del suo partito capace di leggere e scrivere”.
 
Pomicino immagina qualche tecnico? Manco per sogno: “Non sempre i tecnici sanno leggere e scrivere”. Figurarsi se avrebbero l’ok per fare l’aeroplanino da Nennella.