Venerdì 28 ottobre, piazza Plebiscito, ore 11. I pensieri di Vincenzo De Luca sono concentrati lì. Cinque giorni ancora e il governatore saprà se avrà centrato o meno l’obiettivo: dar vita alla più grande manifestazione per la pace in Italia, da quando le truppe russe hanno invaso i confini ucraini.
“Hanno già aderito centinaia di Comuni, a partire da quello di Napoli. E ancora ci saranno organizzazioni sindacali, associazioni, scuole, università. La domanda di partecipazione cresce in maniera straordinaria, a conferma della fortissima voglia di pace che è presente nel Paese” – le prime parole pronunciate venerdì nel corso dell’ormai consueta diretta Facebook.
In effetti la macchina organizzativa procede spedita. In piazza Plebiscito sono attese circa 25 mila persone. L’invito è a non portare bandiere di partito. “Solo quelle della pace”– ribadisce palazzo Santa Lucia. Via libera, invece, ai gonfaloni dei Comuni. I pullman saranno accolti in via Marina e al Porto. Dal palco parleranno rifugiati, rappresentanti delle associazioni e del mondo della Chiesa. De Luca no, non lo farà. “Evitiamo strumentalizzazioni” – fanno sapere i pasdaran del Presidente. Prudenza che si spiega facilmente. Le polemiche sono cresciute di pari passo con la mobilitazione. L’ultima ha investito Umberto De Gregorio, il presidente dell’Eav. La società che gestisce una fetta importante del trasporto pubblico campano è stata incaricata di noleggiare dai privati i bus necessari a trasportare le scolaresche nel capoluogo partenopeo. Quattrocento euro a bus per un viaggio di andata e ritorno. “A chi doveva rivolgersi la Regione se non a noi?” – ha ribattuto De Gregorio a quanti, dai banchi dell’opposizione consiliare, gli contestavano l’iniziativa.
Prima ancora dei vertici Eav, nel mirino del centrodestra era finito Carlo Marino, sindaco di Caserta e presidente dell’Anci Campania. “La mancanza di vergogna non conosce limiti, l’Anci fa da comitato organizzatore di una manifestazione voluta dalla Regione e pagata coi soldi pubblici” – ha tuonato il senatore di Fratelli d’Italia Antonio Iannone. Ad anticipare l’esponente meloniano era stato Matteo Salvini, la scorsa settimana, inserendosi nella polemica innescata dal coinvolgimento delle scuole e dei presidi. Il ragionamento che come un filo rosso tiene insieme tutte le contestazioni è ormai noto: “De Luca strumentalizza la vicenda Ucraina per un ritorno di immagine”.
Un ritorno utile a cosa? L’interrogativo che ne consegue e che solletica l’appetito dei retroscenisti.
Il primo pensiero, ovviamente, va al terzo mandato, chiodo fisso del Governatore. La strada per ottenerlo è stretta, strettissima. Impraticabile per tanti addetti ai lavori ed esperti di diritto. Ma De Luca ci proverà. E il rafforzamento della sua immagine pubblica oggi potrebbe tornargli utile domani quando in tanti – e non soltanto gli avversari politici– bolleranno come un golpe il suo tentativo di restare in sella. E in quest’ottica, magari, è possibile leggere pure l’operazione rimpasto. Si farà. Il Presidente della Regione le sue personali consultazioni con i vari leaders della coalizione potrebbe tenerle già in questa settimana, proprio alla vigilia dell’appuntamento di piazza Plebiscito. La fumata bianca, invece, dovrebbe arrivare più in là. Anche perché sono diversi gli incastri da cercare e tra questi non va sottovalutata la questione salernitana: il 20 novembre si voterà il nuovo presidente della Provincia e l’universo deluchiano (scottato dalla sconfitta elettorale) ha deciso di non confermare Michele Strianese ma di puntare su Franco Alfieri.
Infine, per non farsi mancare nulla, sullo stesso fronte politico c’è pure il travaglio del Partito Democratico. Nelle stesse ore in cui venerdì a Napoli si manifesterà per la pace, a Roma avrà inizio la direzione nazionale chiamata a fissare paletti e tempistiche del congresso. Informazioni particolarmente attese da De Luca che comunque della partita vorrà essere protagonista. Resta da capire in che ruolo. Ma con la marcia contro il conflitto ucraino-russo uno spazio nel dibattito interno al Pd e al centrosinistra se lo è già preso. E non è poco.