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Napoli – “Porto in scena le vicissitudini di un ragazzino, durante l’infanzia, in rapporto al mito di Maradona. Ma non è Diego il protagonista, bensì ciò che ha significato per ognuno di noi, per una intera generazione”. L’attore Pietro Tammaro sintetizza così il senso del suo spettacolo, ‘Il mio amico D’, in scena al Teatro Serra di Napoli.

Lo disturbiamo 30 minuti prima del fischio d’inizio di Napoli-Sassuolo ma ci confessa che non è nervoso, anzi vive il pre-partita con tranquillità, “con calma perché visto che stiamo per parlare di uno spettacolo su un mito è normale che segua ancora il calcio, ma non lo seguo più con l’interesse con il quale lo seguivo nel 1986. Resta però sempre una passione e lo vedo con piacere”. 

Ieri tutti allo stadio Maradona. Sì, per il match di campionato, ma anche per il compleanno di Diego: oggi l’ex Pibe de Oro, indimenticato eroe azzurro, avrebbe festeggiato i 62 anni. Tanti gli omaggi in città, tra cui quello dell’attore partenopeo che gli dedica uno spettacolo speciale (alle 18 al Teatro Serra) con tanto di brindisi per festeggiarlo. 

Venerdì 28 ottobre lo spettacolo ha dato il via alla rassegna ‘Campi Ardenti’ che lo vede in programma per tre serate, tutte nello spazio culturale di via Diocleziano 316 a Fuorigrotta. “La prima è andata veramente bene, – dice Tammaro ad Anteprima24 sono davvero soddisfatto. Al termine dello spettacolo non si è alzato nessuno per andarsene, hanno aspettato che uscissi dai camerini per chiedermi il bis e poi abbiamo brindato insieme. Il pubblico si rivede molto nello spettacolo, nonostante sia stato scritto più di 10 anni fa e poi c’erano spettatori di generazioni diverse in sala che si sono divertiti e appassionati al testo. Questo spettacolo non è mai andato in teatri molto grandi, il nostro ha una capienza di 35/40 posti. Io dico che ha fatto ‘teatri off’, mi interessa poco dove lo porto in scena, sono felice quando il pubblico tributa  consensi a questo testo. Per me l’importante è regalare loro una forte emozione”.

L’impatto emotivo del mito del D10S sull’immaginario collettivo in uno spettacolo scritto dallo stesso Tammaro, diretto in scena dall’amico e collega Luca Saccoia. “Il testo racconta il periodo dai 9 ai 13 anni di un ragazzino, cioè io quando vivevo nel segno di Maradona e pensavo di essere lui. Volevo giocare un mondiale e vincerlo. Racconto del mio malessere dovuto al fatto che giocavo a calcio ma non riuscivo a dimagrire ed ero lento nell’esecuzione. Quindi con l’arrivo di Maradona a Napoli, che era anche lui robusto come me – ride, divertito – ho vissuto questo fenomeno di introspezione con lui. Poi crescendo ho capito che non potevo fare più il calciatore e diventai arbitro di calcio. Nel testo porto anche questa metamorfosi: ero così invaghito di Maradona che il mio obiettivo era fischiargli un rigore a favore”. Si tratta di un testo autobiografico “quindi tante cose sono vere e altre sono romanzate in maniera fantasiosa proprio per dare quel brio e quella dolcezza” e infatti “c’è un finale a sorpresa dove io divento arbitro e vivo un momento surreale in rapporto al mito di Maradona”. 

“L’ho scritto quando avevo 30 anni – spiega l’attore – e ho fatto di tutto per farlo avere a Diego. Così fu dato un CD ROM a Miccoli che glielo fece recapitare e per me è stato davvero emozionante” confessa Tammaro. “Per uscire da un periodo della mia vita di totale depressione in cui non volevo più fare l’attore, decisi di attingere ad un mio ricordo molto forte, importante, l’unica cosa che mi creava gioia era Maradona. E così in poche notti scrissi questa storia, era l’unico barlume di felicità che mi permetteva di uscire da una camera buia della mia casa. Una volta terminato questo testo lunghissimo lo sottoposi a Luca, amico storico, abbiamo iniziato un percorso di studi e formazione insieme più di 25 anni fa. A lui piacque tantissimo e decise di farne una versione teatrale, e così poi l’ha riadattato, tagliato e ne ha curato la regia”. 

Vincitore nel 2010 del concorso per monologhi Fuori Luogo, ‘Il mio amico D’, è andato in scena anche allo Start, spazio teatrale che promuove la drammaturgia contemporanea. È inoltre stato ospite al Festival internazionale di Montalcino e non solo è stato replicato a Napoli in occasione della ricorrenza dei 50 anni di Maradona. Messo in scena in un pub di Dortmund, in Germania, con i sottotitoli in tedesco. Verrà rappresentato a dicembre, nel periodo di Natale, in Austria, tradotto in inglese: “Il prossimo mese inizio a studiarlo bene. Sono molto curioso di portarlo fuori da Napoli e dall’Italia. Nonostante alcuni termini e l’ambientazione napoletana, il pubblico straniero si identifica fortemente nelle storie di Diego e di tutti noi tifosi” prosegue l’interprete. “Il pubblico partenopeo invece vive un fenomeno di introspezione perché racconto le partite in strada davanti allo stadio, i super Santos, le porte fatte con gli zaini, racconto del vecchietto che ci bucava il pallone, della signora che vendeva i palloni abusivi…”. 

Un modo per parlare anche di Napoli… 
“Racconto la Napoli degli anni 80/90, dove si viveva per un mito e dove non c’era violenza, non c’era cattiveria in strada, la delinquenza c’era ma era certamente diversa. Ricordo che anche il delinquente non aveva tanto tempo per delinquere, perché dal lunedì alla domenica si parlava principalmente di Maradona”.
Oggi il calcio trasmette questi valori? Nella città partenopea c’è una bandiera di riferimento?
“Il calcio trasmette ancora questi valori ma non ha una bandiera così forte. Oggi ai ragazzi manca un mito. Napoli ha bisogno di un trascinatore. Adesso si cerca di mitizzare questi giocatori nuovi, un tempo Cavani o ad Insigne. Tutte queste bandiere che si sono succedute negli anni, però, non si sono mai messe alla guida di una squadra. Non hanno combattuto la battaglia del Nord contro il Sud come è stato per Maradona in quegli anni. Andare a ‘combattere’ contro la Juventus di Agnelli, contro Berlusconi e il Milan, a farci contare qualcosa. Napoli sentiva la necessità di essere riscattata. Quest’uomo ha guidato anche la rivoluzione contro l’Inghilterra con la guerra delle Falkland che ha poi rivendicato con la mano de D10S“.