NAPOLI – C’è chi protesta con lo slogan che la cultura è un bene pubblico e non può finire in mani private. C’è chi, associazioni come Legambiente ed Italia Nostra nonchè esponenti della sinistra radicale, compresi 4 centri sociali che, come riferisce oggi Repubblica, “durante gli anni di De Magistris hanno occupato beni di proprietà comunale”, ha organizzato una raccolta firme per dire che così proprio non va.
Ma il modello con il quale il sindaco Gaetano Manfredi continua ad immaginare la gestione dei siti culturali continua ad essere quello del Muve di Venezia, una fondazione che gestisce 11 musei tra cui Palazzo Ducale e Casa Goldoni.
Maria Cristina Gribaudi, direttrice della Fondazione veneziana, in una intervista al Corriere del Mezzogiorno dello scorso 20 febbraio, la mise così: “La Fondazione è un soggetto privato con un unico socio fondatore pubblico: il Comune. Il che dà la possibilità di avere un bilancio unico per i diversi musei, così da poter sostenere anche i minori”.
E oggi, sollecitato proprio dalla petizione che si contrappone alla creazione di una Fondazione sul modello veneziano a Napoli, il sindaco ha rilanciato con queste parole: “Noi vogliamo semplicemente avere la possibilità di gestire luoghi che oggi sono abbandonati, non utilizzati o utilizzati da pochi e non nell’interesse collettivo”.
Ma quali sono i luoghi cui si riferisce il primo cittadino?
I siti culturali gestiti direttamente dal Comune ad oggi sono 8: il Maschio Angioino, Castel dell’Ovo, il Palazzo delle Arti di Napoli, il Convento di San Domenico Maggiore, il cimitero delle Fontanelle, la Chiesa di San Severo al Pendino, il complesso monumentale dell’Annunziata ‘Ruota’ e il Parco archeologico del Pausillypon.
Manfredi ha spiegato che ”noi dobbiamo lavorare per il bene comune e nel reale interesse dei cittadini e lo faremo con azioni pubbliche. Poi, se avremo la possibilità di avere un sostegno dai privati, questo sarà utile per potenziare la nostra azione. Ma oggi abbiamo tanti spazi chiusi, abbandonati e tanti spazi usati da pochi che dicono di fare azioni pubbliche ma che in realtà perseguono azioni per pochi. Noi – ha concluso il sindaco serenissimo – dobbiamo aprire al massimo questi luoghi alla città”.