Fondo Comparto “Napoli”, la giunta comunale approva una variante urbanistica per alcuni beni immobiliari trasferiti. La delibera del 4 novembre attua le decisioni del consiglio comunale, adottate l’anno scorso nell’ambito del Patto per Napoli. Il 30 novembre di un anno fa, l’assemblea di via Verdi ha approvato la delibera di giunta sul conferimento di alcuni beni di pregio al Fondo Napoli di i3-Sviluppo Italia, gestito da Invimit Sgr, e l’alienazione di altri immobili ad ulteriori fondi, gestiti dalla stessa società del Ministero dell’Economia.
Il primo elenco vede il Comune possedere il 70% del fondo, e comprende Palazzo Cavalcanti, Deposito Anm Posillipo, Villa Cava a Marechiaro, Galleria Principe di Napoli, Deposito Anm Garittone di Miano, Edificio di via Egiziaca 35. La seconda lista include tre caserme in piazza Tafuri, via Villa Romana e via commissario Ammaturo.
“La finalità della variante urbanistica – si legge nella delibera – è quella di assicurare una disciplina urbanistica favorevole alle modifiche delle destinazioni d’uso degli immobili oggetto di conferimento (…)., fermo restando le necessarie condizioni normative affinché gli interventi risultino congruenti con le caratteristiche degli immobili”. Ciò al fine “di valorizzare, mediante appropriate modifiche delle destinazioni d’uso, gli immobili”. Oltre che della delibera del consiglio, la variante urbanistica si configura “come applicazione diretta” delle mozioni d’ordine ad essa allegate.
Quegli ordini del giorno prevedevano, tra l’altro, l’incedibilità della Galleria Principe, e la destinazione a parcheggio di parte dell’area ex Garittone. Sulle trasformazioni si sofferma la relazione alla delibera. Le possibilità di valorizzazione, ad esempio, per la Galleria sarebbero “limitate alle attrezzature di ‘istruzione’ o di ‘interesse comune'”. Cioè a spazi destinati ad attività di servizio.
Critica la posizione della rete No Box-Diritto alla città. Nel mirino “questo sfascio della città, questo continuo consumo di suolo e sottosuolo”. Ma anche “questa svendita del suo patrimonio non solo immobiliare ma anche artistico-culturale e del suo capitale sociale”. Gli attivisti attaccano “la finalità del Patto per Napoli: privatizzazione ed austerità in cambio di soldi (da restituire con l’interesse)”. Viceversa, vengono indicate altre priorità. Non abbandonare al loro destino i “quartieri inquinati, degradati o spopolati dalla turistificazione”, e risanare sanità, scuola e trasporti. Salvaguardare l’ambiente ed i diritti dei cittadini a “partire da quello alla città”. Migliorare “col lavoro e col sostegno al reddito le condizioni di vita di giovani, precari, disoccupati e lavoratori poveri”.