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Alla cosiddetta movida, pur gravosa per i residenti, corrisponde solitamente l’incremento del valore economico degli immobili stessi in virtù del prestigio della zona e del quartiere in cui sono situati”. Lo scrive la Corte di Appello di Napoli nella sentenza con la quale ha parzialmente respinto il ricorso presentato da una coppia napoletana residente in una delle strade del capoluogo partenopeo particolarmente rumorose la notte a causa dell’alta concentrazione di bar, ristoranti e pub.
La coppia si è vista respingere il ricorso presentato nei confronti del proprietario dell’immobile che ospita il locale e invece accogliere quello contro il gestore del bar che già all’esito del primo grado aveva chiuso i battenti.
In sostanza, per l’avvocato Gennaro Esposito, che difende la coppia, “le decisioni del Tribunale prima e della Corte di Appello poi mostrano un’ipotesi di negata giustizia”, se puniscono solo il gestore e non il proprietario del locale che ospita l’esercizio commerciale: “Già mi è capitato – sottolinea – di dover ripresentare una domanda cautelare per disturbo acustico proveniente da un medesimo immobile nel quale si sono avvicendati i gestori. Quest’ultimi, poi, spesso sono delle società che dopo i danni possono sparire facilmente”.Al Nord – ricorda l’avvocato Espositole pronunce dei giudici tendono proprio a evitare di rendere le sentenze inutili e proprio per questo motivo condannano anche i proprietari. Sono loro che ricoprono la posizione di garanzia – sottolinea – e che sono obbligati a vigilare sul corretto utilizzo dell’immobile degli affittuari”.
I giudici napoletani hanno riconosciuto la sussistenza del danno morale e biologico subìto dalla coppia; è stato imposto alla società che gestisce il bar il risarcimento dei danni morali e biologici per quattro anni, oltre che il ridimensionamento dell’impianto acustico e la coibentazione delle mura. Ma quella società non esiste più e quindi nessuno pagherà. Non solo. Permane il rischio che ne subentri un’altra che si possa comportare come la precedente.