“Ho visto lui in aula e ho pensato a mio figlio che non c’è più, e mi sono sentita male, perché il carabiniere è stato il suo giustiziere”. Così la madre di Ugo Russo ha risposto ai giornalisti che, all’esterno del Tribunale di Napoli, le hanno chiesto i motivi del malore che l’ha colta, in aula, poco prima dell’inizio dell’udienza preliminare conclusasi con il rinvio a giudizio del carabiniere accusato dell’omicidio volontario aggravato del quindicenne, ucciso colpito la notte del 29 febbraio del 2020, nei pressi del borgo di Santa Lucia, a Napoli, mentre cercava di rapinare l’orologio al militare in compagnia di un complice.
“In un Paese al contrario un carabiniere indagato non fa più notizia, anche se al carabiniere gli puntano un’arma per rapinarlo. Se il rinvio a giudizio per la morte di Ugo Russo non mi stupisce, mi preoccupa, però, la paura che quotidianamente accompagna le nostre donne e uomini in divisa che prima di difenderci da malintenzionati devono pensare al risvolto giudiziario che li attende, qualsiasi sia l’azione adottata durante un intervento operativo”. Lo afferma Antonio Serpi, segretario generale del Sim carabinieri dopo aver appreso la notizia del rinvio a giudizio del carabiniere che ha sparato per difendersi da una rapina. Durante l’episodio perse la vita il giovane Ugo Russo. “Dedico un pensiero ai familiari di Ugo Russo e un altro pensiero ai familiari del carabiniere che stanno vivendo un calvario solo perché il figlio ha agito per difendersi. In questa storia ci sono due vittime ma dobbiamo trovare, in questo Paese al contrario, il coraggio di ricordare, a chi delinque, che queste sono scelte pericolose e al contempo dobbiamo ricordare, a chi indossa una divisa, che bisogna continuare a fare il proprio lavoro, quello per cui si è giurato, anche in un Paese al contrario. Le Forze dell’ordine non sono sullo stesso piano di chi delinque”, conclude Serpi.
Omicidio Ugo Russo, rinviato a giudizio il carabiniere accusato