Il gup di Napoli Tommaso Perrella ha rinviato a giudizio il carabiniere accusato dell’omicidio volontario aggravato del quindicenne Ugo Russo, ucciso la notte del 29 febbraio del 2020, nei pressi del borgo di Santa Lucia, a Napoli, mentre cercava di rapinare l’orologio al militare in compagnia di un complice.
“Chiediamo la verità su ciò che è accaduto. Abbiamo sempre avuto pienamente fiducia nella magistratura. Oggi dopo quasi tre anni e mezzo torniamo a casa con la speranza di sapere quella sera cosa è veramente successo”. Così il padre di Ugo Russo dopo la decisione del gip Tommaso Perrella di rinviare a giudizio per omicidio volontario aggravato il carabiniere che sparò. “Noi viviamo 24 ore su 24 con Ugo – ha aggiunto Russo – lui non era il ragazzo di quella sera e lo vogliamo dimostrare. Non ci siamo mai arresi e ringraziamo chi vi è stato vicino”. “Non siamo come ci hanno rappresentato – ha ribadito il padre di Ugo Russo – e non è giustificabile in alcun modo la reazione che ha avuto il carabiniere: mio figlio è stato ucciso”.
La decisione del gup è giunta a distanza di due ore dalla fine dell’udienza durante la quale le parti hanno esposto le loro tesi e la Procura di Napoli (Simone de Roxas e Claudio Siragusa) ha chiesto il processo per il militare (difeso dagli avvocati Mattia Floccher e Roberto Guida). Il carabiniere, che ha sempre sostenuto – e ribadito anche in sede di dichiarazioni spontanee rese oggi – di avere sparato per legittima difesa, in quanto l’aggressore gli aveva puntato contro un’arma, era presente. Come per le altre tappe del procedimento in aula c’erano anche i genitori della giovane vittima (difesi dagli avvocati Giovanni Fusco, Antonio Mormile e Domenico Di Donato) e la madre alla vista del carabiniere ha accusato un malore. Il marito l’ha accompagnata all’esterno dell’aula 419 del nuovo palazzo di giustizia e si è ripresa dopo l’intervento dei medici dell’Asl di stanza in Tribunale. All’esterno del palazzo di giustizia, come in occasione delle altre udienze, si sono radunati gli attivisti del Comitato ‘Verità e Giustizia per Ugo Russo‘ che hanno esposto tra l’altro uno striscione con la foto del ragazzo. Con un megafono hanno attirare l’attenzione dei passanti sulla vicenda.
La posizione del comitato “Verità e Giustizia per Ugo Russo”
“Ci prepariamo all’udienza del 12 luglio mantenendo viva l’attenzione sociale sul processo e auspicando che l’imputato sia finalmente sospeso dal servizio e dalla possibilità di detenere un’arma finché non sarà accertata definitivamente la verità”. E’ quanto viene sottolineato, in un comunicato, dal comitato “Verità e Giustizia per Ugo Russo” che oggi ha manifestato, come fatto anche nelle precedenti udienze, in supporto alla famiglia del 15enne ucciso. “Accogliamo con fiducia – prosegue la nota – la decisione del gup di rinviare a giudizio” il militare “confermando l’imputazione di omicidio volontario anche se non avevamo molti dubbi perché conosciamo le tante perizie che concorrono a questa accusa e ci è sempre sembrata fantascienza la tesi alternativa della difesa del carabiniere”, la quale implicherebbe che “Ugo Russo non sia stato colpito in testa mentre era in fuga ma sia scappato verso il suo motorino dopo che una pallottola di un’arma militare gli ha attraversato la testa da parte a parte”. “Il nostro principio – viene ribadito nella nota dal comitato – è che la verità e la giustizia valgono per tutti, anche quando chi spara nella vita veste una divisa, perché questa è una garanzia di democrazia e di diritti per tutti. Se ad Ugo Russo a 15 anni è stata applicata una pena di morte senza processo quella sera è importante emerga fino in fondo”.
Il legale: “Questa storia triste meritava un processo”
“Sono contento per il padre e la madre di Ugo, perché questa è una vicenda che richiedeva il vaglio di un processo ma mi è impossibile gioire: questa storia è un dramma, da qualsiasi punto di vista la si guardi”. Così l’avvocato Giovanni Fusco, legale della famiglia di Ugo Russo, ha commentato la decisione del gup di Napoli Tommaso Perrella di rinviare a giudizio il carabiniere che la notte del 29 febbraio 2020, nei pressi del borgo di Santa Lucia, a Napoli, ha sparato, uccidendolo, al 15enne mentre cercava di rapinare l’orologio al militare in compagnia di un complice. “Nulla ci restituirà un ragazzo di appena 15 anni morto, – ha detto ancora l’avvocato Fusco – ed è un dramma anche per un altro ragazzo, di 22-23 anni, che adesso dovrà sostenere un duro processo davanti alla Corte di Assise”.
“Il decreto che dispone il giudizio non è una sentenza di condanna“. Lo ha sottolineato l’avvocato Mattia Floccher, difensore del carabinieri oggi rinviato a giudizio a Napoli per l’omicidio volontario aggravato di Ugo Russo, il 15enne ucciso colpito la notte del 29 febbraio del 2020, nei pressi del borgo di Santa Lucia, a Napoli, mentre cercava di rapinare l’orologio al militare in compagnia di un complice. “Ovviamente – ha aggiunto Floccher – avremmo preferito che il giudice, già in questa fase, avesse preso atto dell’impossibilità di ritenere configurabile una ipotesi di omicidio volontario. In ogni caso, in maniera serena e fiduciosa siamo pronti a dimostrare, nel corso del dibattimento, l’innocenza dell’imputato”. “D’altro canto, – conclude il legale del militare – si tratta di una fase che è espressione della massima garanzia processuale che il legislatore ha inteso riconoscere al cittadino imputato, in cui accusa e difesa si confronteranno ad armi pari”.
Le tesi del legale della famiglia Russo
Sono diversi i punti sui quali l’avvocato Giovanni Fusco, legale della famiglia di Ugo Russo – il 15enne ucciso la notte del 29 febbraio del 2020, nei pressi del borgo di Santa Lucia, a Napoli, mentre cercava di rapinare l’orologio al militare in compagnia di un complice – ha incentrato la sua discussione oggi, nel corso dell’udienza preliminare davanti al gup di Napoli Tommaso Perrella. Innanzitutto la compatibilità delle caratteristiche dell’ogiva trovata nello stipite di una porta blindata in via Generale Orsini, a Santa Lucia, dove avvenne la tragedia, con quelle che avrebbero potuto avere un’ogiva che ha trapassato un cranio, nella fattispecie quello di Ugo Russo. Quella repertata nello stipite della porta blindata, ha sostenuto l’avvocato, sarebbe proprio quella del proiettile mortale esploso quando Ugo stava scappando. Il secondo punto analizzato davanti al giudice si fonda sull’impossibilità, da parte di un individuo colpito al cervello, di coprire a piedi gli 8-9 metri che separavano l’auto del carabiniere e lo scooter dove è stato trovato il corpo della vittima, altro dato che dimostrerebbe quindi che Ugo è stato mortalmente colpito mentre fuggiva, in sostanza quando ormai il pericolo per carabiniere non era più imminente. L’ogiva non riporta, ha spiegato ancora Fusco, i segni che dovrebbe avere se avesse raggiunto il ragazzo di rimbalzo: l’ogiva, ha affermato il legale, ha solo i segni lasciati dall’impatto con il casco, con le ossa del cranio, e infine, con lo stipite di quella porta blindata dove si è conficcata. Infine, dice Fusco, il carabiniere non ha mai fornito una ricostruzione alternativa rispetto a quella che lo colloca lontano – e non vicino – alla vittima quando spara il colpo mortale.