Lucida, razionale, protagonista non di un raptus omicidiario ma di un delitto predatorio voluto e immaginato: ha chiesto l’ergastolo il sostituto procuratore di Napoli Maurizio De Marco per Stefania Russolillo, la donna accusata di essere l’assassina di Rosa Gigante, la 72enne mamma del tiktoker Donato De Caprio (oggi presente, insieme con altri familiari), il cosiddetto “re dei panini” notissimo a Napoli e non solo, grazie anche ai suoi tre milioni di follower. Nel corso della sua requisitoria il magistrato ha ricordato tutte le fasi dell’omicidio, dall’inizio alla fine, e descritto il dramma avvenuto nell’abitazione della vittima, nel quartiere Pianura di Napoli il 18 aprile 2023. Dall’appartamento, trovato in disordine, come se qualcuno avesse rovistato gli ambienti, non sono stati trovati la fede che la vittima aveva al dito e circa 150 euro.
“La Russolillo – ha detto il pm – aveva bisogno dei denaro e andava alla ricerca di possibilità di guadagno: la notorietà acquista dal figlio, il suo successo commerciale, poteva far pensare che la signora avesse denaro riferibile al figlio“, quindi, per De Marco, l’omicidio della signora Gigante altro non è che “un evento programmato ai danni di una vittima facile” che però “si è difesa strenuamente, nel tentativo disperato di sottrarsi al cappio che aveva al collo”. Il magistrato ha anche ripercorso le fasi dell’omicidio mentre i parenti, particolarmente afflitti, ascoltavano in silenzio: “lei è entrata, le ha avvolto il tubo intorno al collo… con l’intento di strangolarla… la vittima si è divincolata e lei l’ha sbattuta contro il muro”. “Non c’è stata alcuna aggressione da parte della vittima”, ha ricordato De Marco, rifacendosi ad alcune dichiarazioni rilasciate dell’imputata. “Lei ha portato con se il tubicino – ha detto ancora il pm – usato per strangolare la Gigante… poi è uscita simulando di andare a fare la spesa… l’azione è implacabile: è durata circa 10 minuti, la Gigante è morta per asfissia in circa 5-10 minuti a causa del nodo al collo molto stretto”.
Per il magistrato è improbabile che ci fosse un secondo aggressore, altrimenti le mani della vittima sarebbero state immobilizzate.
Russolillo, ha ricordato infine, dopo le fasi più cruente della sua azione, “si è recata in bagno, si è lavata le mani e lasciato tracce di sangue, lasciando carta igienica imbrattata su un mobile”. Secondo quanto emerso dalle indagini l’imputata avrebbe tentato di dare fuoco alla vittima con l’alcool per cancellare le prove.
“La Russolillo – ha detto il pm – aveva bisogno dei denaro e andava alla ricerca di possibilità di guadagno: la notorietà acquista dal figlio, il suo successo commerciale, poteva far pensare che la signora avesse denaro riferibile al figlio“, quindi, per De Marco, l’omicidio della signora Gigante altro non è che “un evento programmato ai danni di una vittima facile” che però “si è difesa strenuamente, nel tentativo disperato di sottrarsi al cappio che aveva al collo”. Il magistrato ha anche ripercorso le fasi dell’omicidio mentre i parenti, particolarmente afflitti, ascoltavano in silenzio: “lei è entrata, le ha avvolto il tubo intorno al collo… con l’intento di strangolarla… la vittima si è divincolata e lei l’ha sbattuta contro il muro”. “Non c’è stata alcuna aggressione da parte della vittima”, ha ricordato De Marco, rifacendosi ad alcune dichiarazioni rilasciate dell’imputata. “Lei ha portato con se il tubicino – ha detto ancora il pm – usato per strangolare la Gigante… poi è uscita simulando di andare a fare la spesa… l’azione è implacabile: è durata circa 10 minuti, la Gigante è morta per asfissia in circa 5-10 minuti a causa del nodo al collo molto stretto”.
Per il magistrato è improbabile che ci fosse un secondo aggressore, altrimenti le mani della vittima sarebbero state immobilizzate.
Russolillo, ha ricordato infine, dopo le fasi più cruente della sua azione, “si è recata in bagno, si è lavata le mani e lasciato tracce di sangue, lasciando carta igienica imbrattata su un mobile”. Secondo quanto emerso dalle indagini l’imputata avrebbe tentato di dare fuoco alla vittima con l’alcool per cancellare le prove.