«Tenere in carcere un ultranovantenne, già da quattro anni in carcere, e un obeso di 270 chili, con problemi cardiopatici, riconferma che nel nostro Paese c’è una cultura giuridica grezza e retrograda, che non tiene minimante conto dei dettami della Costituzione»: sono parole dure quanto decise quelle del Garante campano dei diritti delle persone sottoposte a misura restrittiva della libertà personale, Samuele Ciambriello, che nelle ultime ore si sta occupando di due detenuti, entrambi ristretti nella Casa circondariale di Poggioreale, che si trovano in una condizione da lui definitiva «paradossale».
Come fa una persona con un problema tanto serio quale l’obesità e la cardiopatia a rimanere dietro le sbarre, nell’indifferenza di tutti? «Mario è un detenuto che pesa 270 chili, soffre di problemi cardiaci ed ha anche diverse fratture, non entra nella cella, ha sfondato due letti, sia in carcere che in ospedale, dove era stato ricoverato due settimane fa – dichiara il Garante campano Ciambriello – Come fa ad essere ancora sottoposto alla custodia in carcere? Come è possibile che non venga applicata una misura alternativa? Anche perché stiamo parlano di un reato non ostativo. Mi sembra un accanimento nei confronti di una persona che vive un doppio disagio, una doppia reclusione. Mario non può stare nella camera di pernottamento con nessun altro e, se anche viene allocato da solo, per lui, soprattutto considerate le celle di Poggioreale, vive in una condizione di sofferenza».
Sono tanti, forse troppi i casi di detenuti che hanno patologie gravi, tali da dover essere curate in strutture idonee e che, invece, continuano a rimanere in carcere. Il loro quadro clinico peggiora e questo non per scarsa preparazione dei medici delle strutture penitenziarie, ma perché la sanità penitenziaria vive in sottorganico. Su questo il Garante campano Ciambriello sta conducendo, da tempo, una battaglia, appellandosi alla Regione e alle Aziende sanitarie locali: «mancano medici di reparto, ci sono pochi medici generici e pochissimi specialisti e mancano quasi completamente attrezzature di diagnostica, che permetterebbero ai detenuti di non dover attendere i tempi lunghissimi delle liste ospedaliere. Nelle carceri, specie a Poggioreale e Secondigliano, bisogna assumere medici, infermieri e Oss».
Un’attenzione particolare va riservata non solo ai malati, ma anche agli anziani. E, in questo, Poggioreale registra ancora un primato in Campania: si trova recluso da quattro anni, nell’Istituto di pena napoletano, un novantenne. Del suo caso si sta occupando il Garante campano, che racconta: «È accusato di un reato a sfondo sessuale e solo questo basterebbe a giustificare, secondo gli operatori del diritto, che un novantenne possa vivere dietro le sbarre. È assistito da un piantone, che pensate ha 75 anni. Io – è scontato e ridondante affermarlo – penso che il carcere non sia un luogo adatto a persone di questa età, qualunque sia il reato. Per queste persone è necessario che si trovino soluzioni alternative. Le istituzioni devono portare avanti una battaglia di sensibilizzazione che miri a trovare risoluzioni per chi vive situazioni di emarginazione come questa. In Campania ci sono cooperative e associazione che, attraverso un progetto cofinanziato da Cassa Ammende e Regione Campania, accoglie uomini e donne senza fissa dimora. Bisogna farsi carico del compito di potenziare questi percorsi alternativi e migliorativi, non continuare a girarsi dall’altra parte».