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“Questo post non serve a niente, è inutile. Troppo difficile cambiare un sistema di cose che ormai gira su se stesso da anni senza scossoni, senza cambiamento alcuno, avviluppato ormai nella consuetudine di dinamiche ben note. Questo post lascia il tempo che trova, farà ridere di scherno e sghignazzare d’insulto. Ben venga”. Con un linguaggio diretto e provocatorio, Marco D’Amore, attore e regista di ‘Caracas‘, in un post ha messo in luce una realtà che molti all’interno dell’industria cinematografica temono di affrontare: la staticità di un sistema che, a suo avviso, è intrappolato in dinamiche consolidate e prevedibili.

Una riflessione che arriva in seguito all’annuncio di stamani delle candidature per la 70esima edizione dei Premi David di Donatello 2025. Con toni che oscillano tra la rassegnazione e la ribellione, l’artista ha osservato che le cinquine sono da sempre le stesse, “prevedibili fin da prima della loro uscita in sala. Sempre gli stessi nomi, sempre gli stessi nomi. Parafrasando Tancredi direi: ‘Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto non cambi'” ha affermato.  

D’Amore ha poi riflettuto sul suo ultimo film che, secondo lui, non ha nulla da invidiare alle pellicole candidate, anzi, ha “qualcosa in più”. Così decide di conferire una vittoria simbolica a coloro che hanno lavorato al suo progetto, compresi il direttore della fotografia Stefano Meloni, il montatore Mirko Platania e il compositore Rodrigo D’Erasmo, fra gli altri. “Grazie dal profondo del cuore, patisco con voi ma gioisco insieme per quello che solo noi abbiamo fatto” scrive alla troupe.
Il regista casertano ha inoltre ribadito la sua vicinanza a tutti coloro che, come lui, si sentono trascurati e invisibili nel panorama cinematografico italiano.

Quelli che votano e che dovrebbero guardare i film, Caracas non lo hanno nemmeno visto” ha denunciato, richiamando alla memoria le parole di Massimo Troisi che, in un’intervista “piena di amarezza”, aveva parlato della sua delusione per un sistema che non valorizza il talento e il lavoro di molti artisti.
Un lungo post che, lungi dall’essere solo un atto di denuncia, si configura come un invito alla riflessione.