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Per 15 anni hanno garantito una serie di servizi all’Asl Napoli 1, negli ospedali, nelle Rsa e nelle strutture psichiatriche. Ma nel giro di un mese, per 120 operatori socio sanitari può scattare il licenziamento. Le lettere di preavviso sono arrivate, con la data di cessazione del rapporto di lavoro. Per alcuni portano la data del 16 agosto, per altri del 16 settembre. E non è finita. Nella stessa situazione circa altri 150 colleghi, per i quali ancora non è stato sancito il provvedimento. Il malessere tra gli operatori scaturisce non solo dal rischio di finire in mezzo a una strada. Ma anche dalle esperienze vissute, in tanti anni. Su tutte il Covid, quando erano in prima linea. E molti sono stati anche contagiati. Per svariati lustri, sono stati indispensabili all’Asl Napoli 1. L’azienda non poteva assumere queste figure, a causa del piano di rientro. Ora però sta cambiando tutto.

La vicenda nasce dalla scelta dell’Asl di internalizzare il servizio. La Napoli 1 ha anticipato la chiusura dell’appalto, affidato ad un Ati di cooperative sociali (capofila Gesco). Possibilità peraltro prevista dal contratto. E avendo assunto Oss attraverso concorsi pubblici, l’Asl sta progressivamente tagliando i servizi appaltati. “Noi stiamo provando a ragionare da tempo con Regione e Asl” spiega Marco D’Acunto, segretario Sanità Privata Fp Cgil Campania. L’ultimo incontro a Palazzo Santa Lucia c’è stato giovedì 8 agosto. Sotto la sede della Regione si sono radunate decine di lavoratori. E non sono mancati momenti di tensione, visto l’incombere dei licenziamenti. “Da quello che noi comprendiamo – dice D’Acunto -, è molto probabile che i licenziamenti previsti dal 16 agosto, saranno traslati al 16 settembre, per cui dovremmo garantire almeno un altro mese di lavoro”. Il rappresentante della Cgil ha avuto un colloquio con esponenti della Regione, assieme ai colleghi Vincenzo Torino (segretario regionale Uil Fpl) e Vincenzo Migliore (responsabile del Terzo Settore della Cisl Fp). Dal tavolo sono emersi alcuni spiragli. Non complete certezze, come chiedono gli Oss a gran voce.

“Da un lato – riferice D’Acunto – si riflette sul trasferimento di questo personale sull’assistenza domiciliare, nelle more che l’Asl bandisca un concorso col 50% di posti riservati a loro, come previsto dalla legge, per internalizzarne quanti più è possibile”. A quanto si apprende, la procedura concorsuale dovrebbe svolgersi nel 2025. “Regione e Asl – racconta D’Acunto – hanno confermato l’impegno a bandire il concorso non appena sarà disponibile il piano di fabbisogno, sarà un unico concorso regionale bandito dalla Napoli 1 per tutti i posti di Oss di cui necessita la Regione Campania, e che non sono ancora coperti”. Nel contempo l’azienda sanitaria ha fatto presente “di avere disponibilità di ore su assistenza domiciliare”. Tuttavia, adesso deve “verificare con le cooperative quanti di questi dipendenti possono andarci”. Alcuni Oss potranno essere tutelati così. “La Regione si è anche detta disponibile – aggiunge il segretario Sanità Privata Fp Cgil Campania – a verificare un percorso per il quale tutti quelli che non si riesce a tamponare con l’assistenza domiciliare, possano andare in cassa integrazione straordinaria”. A valutare questo capitolo sarà l’assessore Antonio Marchiello. “Dovrà farci sapere in questa settimana – puntualizza D’Acunto – se è una strada percorribile”. Per il resto “c’è da capire come provare a salvaguardare tutti i posti di lavoro, sapendo che la riserva al concorso non potrà occuparli tutti quanti, però una buona parte sì”.

Il sindacalista Cgil ribadisce che “sia giusto trovare una soluzione”, per quanto gli Oss hanno dato in questi anni. E invita anche le cooperative a “fare la loro parte”. In particolare, ritiene “leggermente sbagliate” le procedure di licenziamento, perché “le hanno avviate solo su questo personale”. Intanto, resta la fibrillazione tra i dipendenti. “Il concorso prevede una riserva del 50%, su 250 operatori ne resterebbero fuori 125″ ricorda Aurora Adamo, una degli Oss. “Negli ospedali in pandemia, quando non c’era personale  – sottolinea – abbiamo fatto una guerra. Meritavamo di essere internalizzati, o almeno di continuare a lavorare”. L’amarezza è tanta.