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Dai centri sociali all’Azione Cattolica, in centinaia riempiono piazza del Gesù contro l’escalation di violenza. Ma a Napoli la cronaca prende in contropiede l’impegno civile, e nella notte c’è un altro giovane ucciso. Proprio a poca distanza dal luogo della manifestazione. “Liberiamo Napoli dalle violenze” è l’assemblea pubblica indetta dopo gli omicidi di Emanuele Tufano e Santo Romano, giovanissimi freddati tra città e provincia. “Basta distinguere tra vittime buone e cattive, quando muori a 15 o 18 anni sei vittima e basta” tuona subito dal palco Davide Dioguardi, esponente dei movimenti antagonisti. “E ai rappresentanti istituzionali che ci hanno raggiunto qui oggi do un consiglio – aggiunge -: qualche intervista in meno, e un po’ di ascolto in più a cittadini e cittadine”. Il mood non è isolato. Una dose di mugugni, i politici in piazza se la beccano. Non possono parlare, per un accordo tra gli organizzatori. Ma c’è chi li accusa comunque di fare passerella. “Non ci piace la loro presenza – sbotta Vincenzo Papa dell’associazione Fatti di napoletani perbene -, oggi dovrebbero stare in ufficio a lavorare per un maggior controllo del territorio”.

In piazza ci sono il sindaco Manfredi e molti membri della giunta. Non mancano deputati come il verde Borrelli e il pentastellato Costa, e c’è pure l’ex governatore Bassolino. Tanto centrosinistra, niente centrodestra. Ma il palco è off limits. Si adegua Maria Muscarà, consigliera regionale indipendente, che da lì voleva invocare le dimissioni del sindaco. Ma tra la folla punta il dito: “Questa città è matrigna, quali sono gli spazi messi a disposizione dei giovani dall’amministrazione comunale?”. Pochi però i ragazzi intervenuti. Eppure si parla molto di loro. Un consigliere del Forum Giovani, Miro Sorrentino, li esorta “a unirvi a noi in questa battaglia”. E dai microfoni si evocano spesso anche le armi, l’incubo da bandire. Gianfranco Wurzburger, presidente di AssoGioCa, mostra a tutti una pistola scacciacani. “L’ho appena comprata su internet, è alla portata di chiunque – spiega -: con una semplice modifica può uccidere”. Disarmare Napoli, sì: ma è una parola. “Troppe famiglie qui detengono armi illegalmente” ricorda Mariano Di Palma, coordinatore regionale di Libera. E sollecita “un’azione di intelligence contro questo mercato incontrollato”. Nelide Milano della Rete per la sicurezza guida un agguerrito gruppo di mamme anti bulli, e va al sodo: “Abbiamo bisogno di capire quali risorse ci sono per il presidio del territorio”. Nicola Ricci, segretario generale Cgil Napoli e Campania, chiede al governo “più cultura, più lavoro e interventi nei quartieri difficili”.

Manfredi si guarda in giro, annusa gli umori. E più tardi affida ai social il suo pensiero. “Senza una rete, senza un lavoro faticoso tutti insieme – scrive -, non riusciremo a sottrarre i giovanissimi all’illegalità e al disagio. La reazione della città è forte e dona speranza. Siamo in prima linea e crediamo fortemente nel lavoro di squadra”. Il sindaco però non ha niente da rimproverarsi. Anzi rivendica “un percorso virtuoso”, avviato “in questi anni”, su dispersione scolastica, periferie, partnership pubblico-privato nelle aree a rischio. Alcuni alleati invece auspicano un risveglio “dal sonno”. È Nicola Campanile, presidente della rete ‘Per le Persone e la Comunità’, e lancia un appello sul Patto educativo: “Abbiamo perso tra anni, da quando abbiamo ottenuto di inserirlo, nel programma della coalizione Manfredi, adesso gli si dia sostanza”. Perché la violenza non ci pensa nemmeno a fermarsi.