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NAPOLI – Peppe Russo, il presidente campano di Azione, subito dopo l’accordo che Carlo Calenda ha stretto con Enrico Letta il 2 agosto scorso, si è mostrato tra i più soddisfatti. Su Facebook, il 3 agosto, la metteva così: “La nostra identità sono le nostre proposte. Il resto è fuffa politicista”. E, per i malpancisti che all’interno del partito spingevano già il Car(l)o leader a rompere il patto coi dem, postava, il giorno dopo, il 4 agosto: “Abbiamo chiesto al Pd, pur nelle differenze, compatibilità politica e programmatica. E, nonostante le evidenze della legge elettorale, nessuna ammucchiata indecifrabile ma un messaggio chiaro al Paese. Lo abbiamo ottenuto”.
 
Lunedì 8 agosto, il giorno dopo la rottura di Calenda in diretta tv da Lucia Annunziata: Peppe Russo, come la mettiamo?
 
“Quella di Calenda è stata una scelta inevitabile”.
 
Allora non resta che aggrapparsi a Walt Whitman (“Mi contraddico? Sono grande, in me convivono moltitudini”)…
 
“Nessuna poesia, non c’è schizofrenia in ciò che è avvenuto”.
 
La versione di Russo.
 
“E’ semplice. Io non rinnego certo che ero contentissimo dell’accordo trovato il 2 agosto. Ma dal 2 al 7 agosto, quando Calenda ha annunciato la rottura, bisogna seguire bene la cronologia degli eventi. E non si può negare che Letta e il Pd abbiano cambiato le carte in tavola. Con Fratoianni, Bonelli e Di Maio si sono messi a contrattare le candidature nei collegi uninominali…”
 
Niente di nuovo rispetto all’accordo del 2 agosto e che non fosse a conoscenza dello stesso Calenda, tant’è che il 3 dichiarava alla Stampa: “Nel caso, quelli (Fratoianni, Bonelli e Di Maio, ndr) saranno alleati del Pd. Se fosse per me, non li farei entrare, ma se Letta li vuole, logica vuole che sia lui a farsene carico e a gestirli”.
 
“Ecco, bisognava gestirli. Letta l’ha fatto? Non mi pare. Tant’è che hanno cominciato ad insorgere. No al termovalorizzatore, no alle nostre politiche energetiche… Ma si poteva mai proporre una cosa così? Sarebbe mai stata credibile? Non mi pare”.
 
Colpa di Enrico Letta.
 
“Il vero punto politico di questa vicenda sa qual è? L’identità irrisolta del Partito Democratico. Con la vicenda dell’invasione della Russia in Ucraina e la conseguente definizione della collocazione internazionale dell’Italia prima e con la vicenda del Governo di Mario Draghi dopo, poteva mettere un punto e avanzare verso un campo più risolutamente e autenticamente riformista. Invece…”
 
Resta il fatto che colpisce la repentinità del cambiamento di rotta impresso da Calenda. Il 2 agosto sottoscrive una cosa. Il 7 se la rimangia. Viene da chiedersi se ci sia mai stato un processo democratico all’interno di Azione che abbia sorretto la prima come la seconda scelta…
 
“C’è stato un confronto, certo”.
 
E in Campania erano più gli “unionisti” o gli “indipendentisti” dai dem?
 
“Non saprei dirlo con esattezza. Era evidente, comunque, come testimoniano anche i miei post su Facebook, un certo malumore dopo l’accordo con Letta e Più Europa del 2 agosto”.
 
Ora non rimane che il Terzo Polo con Matteo Renzi e Federico Pizzarotti. Magari con Clemente Mastella.
 
“Con Mastella mai”.
 
Altro giro, altri veti.
 
“Non siamo interessati a costruire centrini. E non lo so se si potrà definire Terzo Polo. Anche per questo bisognerà capire quale sia davvero la scelta più utile”.
 
Dipendesse da Peppe Russo?
 
“Un incontro lo organizzerei. Una convergenza programmatica, di fatto, esiste. Bisognerebbe costruirne una di carattere organizzativo”.
 
Attenzione: qui interviene il fattore chiave di quest’estate politica, quello umano.
 
“E’ un fattore importante. E, spesso, purtroppo, un limite di tutta la politica italiana”.