Tempo di lettura: 3 minuti

Napoli – C’è una ‘porticina’ nel palazzo di Napoli dove abitava coi genitori che ha spinto Mario Martone a passare dal teatro al cinema, era quella dell’abitazione di Renato Caccioppoli che diventerà poi il protagonista di MORTE DI UN MATEMATICO NAPOLETANO, il suo primo film. Nessuna parola invece da parte del regista sulla scelta di NOSTALGIA da parte dell’Italia per la lunga corsa agli Oscar. Questa, in estrema sintesi, la masterclass di oggi di Mario Martone alla Festa di Roma. “A Napoli, dove sono nato e dove facevo teatro d’avanguardia, qualcuno un giorno mi parlò di questa figura di Renato Caccioppoli, matematico e musicista. Su di lui – ha raccontato Martone – non c’era nulla di scritto, ma solo tanti racconti. Aveva abitato nel palazzo dove era vissuto il matematico e si era sparato. La mia stanza si affacciava sulla piccola porta d’ingresso del suo appartamento. Tra le coincidenze poi c’era quella che Caccioppoli si era suicidato nel 1959, nello stesso anno in cui ero nato”. E ancora Martone: “Pasolini diceva che il cinema è l’arte della realtà e io volevo raccontare questa storia con la giusta verità. E quella porticina è stata come l’inizio della mia creatività cinematografica”. 

Sempre riguardo a UN MATEMATICO NAPOLETANO, ha spiegato il regista in una sala strapiena di ragazzi: “Non avevo mai girato un film, né avevo fatto alcuna scuola di cinema. Ero stato solo un giorno sul set di un film di Bolognini, mio amico, per capire almeno di cosa si trattasse. Volevo però Carlo Cecchi come protagonista e raccontare solo l’ultimo giorno di questo matematico. Poi quell’unico giorno divenne una settimana e arrivarono anche i primi soldi: 500 milioni di lire”. Cosa cambieresti dei tuoi film? “Niente, sperando che il Dio del cinema ti aiuti” ha detto divertito Martone che ha raccontato i suoi anni Settanta tra movimento studentesco e avanguardia teatrale e artistica. “A quei tempi frequentavo la storica galleria di Lucio Amelio, ero molto amico di Tony Servillo e vedevo i film di Coppola, Scorsese e Fassbinder”.

Martone ha poi confessato: “Non faccio mai storyboard e ci metto mesi a fare una sceneggiatura anche perché vado nei luoghi e li fotografo uno per uno”. Ma non sempre le cose vanno come ci si immagina. “Proprio girando NOSTALGIA c’è una scena in cui Favino va al funerale della madre. Ora, doveva essere una scena fissa, senza movimento, e con Favino che non piangeva. Ne avevo parlato a lungo con lui ed era d’accordo. Poi, arrivati sul set, metto un binario curvo intorno alla cassa, una cosa che non uso mai e poi Favino scoppia a piangere in una posizione inclinata. Era perfetto. Su questo set, ci siamo detti, c’è una strana magia. Questo è il cinema”.