NAPOLI – Tutto si può dire del capolista del Partito Democratico del collegio Napoli 2 (e tutto stanno dicendo i social) tranne che, in poco più di 2 anni e mezzo, esattamente in 32 mesi da segretario provinciale dei dem napoletani, non abbia conquistato sul campo – come si dice – i gradi di capitano.
Marco Sarracino, che oggi ha 33 anni, ha portato a casa qualcosa come 35 elezioni vinte. Ieri sera, nel quartier generale del Nazareno, si è potuto, quindi, appuntare tutte le medaglie del caso sul petto e farle pesare tutte fino ad essere nominato generale del corpo d’armata dem da Mugnano a Capri, “forse il più ampio d’Italia”, ha confidato oggi ai suoi.
E insomma. Scalato il Pd il primo dicembre 2019, Sarracino, dopo dieci anni di vacche magre sotto al Vesuvio, ha fatto riscoprire il gusto della vittoria ai democrats la prima volta nemmeno 3 mesi dopo. Il 23 febbraio del 2020, infatti, a Napoli città, si andò a votare per una elezione suppletiva per un seggio rimasto vacante in Senato. E lui, attorno al nome del giornalista Sandro Ruotolo, seppe convogliare le truppe di una smarrita sinistra partenopea ancora scossa dalla rivoluzione arancione di de Magistris e, con un rammendo, portò il primo risultato a casa.
Poi, assieme a una segreteria composta da diversi ragazzi che, come lui, misero le ali nel periodo del commissariamento di Andrea Orlando del 2011 mentre militavano ancora nei Giovani Democratici (da Francesco Senese a Valerio Di Pietro, da Pasquale Esposito ad Angela Pascale), non ne ha sbagliata più una.
Riguardare oggi la prima conferenza stampa che organizzò dopo il turno delle amministrative del 2020, in effetti, rende il segno.
Quell’anno, ancora in piena pandemia, in provincia di Napoli, si andò a votare in 28 Comuni dell’area metropolitana. E Sarracino ne conquistò 19.
Camicia bianca con su una cravatta scura, la prima frase che consegnò ai giornalisti fu questa: “E’ vero, non siamo abituati ad avere tante buone notizie l’una dietro l’altra. Ma il Pd, ovunque, è tornato ad essere il primo partito”.
Al primo turno espugnò Mugnano, Caivano, Ercolano, San Giorgio a Cremano, Frattamaggiore, Cardito e Marigliano. Al ballottaggio, poi, si aggiunsero le chicche di Giugliano, Pomigliano d’Arco, Terzigno, Sorrento (“dove non vincevamo dal 1993”) e Saviano.
Il segreto del successo, Sarracino lo spiegava chiaro chiaro: “Abbiamo detto no alle primarie (sulle cui macerie del 2011 e del 2015 la sua classe dirigente è nata, ndr) e sì all’alleanza larga con il Movimento 5 Stelle: mai più a fare gli spocchiosi da soli”.
Parole che, oggi, dopo la rottura del 20 luglio di Giuseppe Conte, sanno di beffa.
Ma tant’è. Il 2020, a settembre, si concludeva con la riconferma di Vincenzo De Luca alla guida della Regione Campania. E De Luca è pur sempre, come sa benissimo suo figlio Piero capolista blindatissimo a Salerno per i dem, uno del Pd.
Capitolo 2021: 17 comuni del napoletano al voto, 6 vinti col simbolo e altri, come quello di Agerola, con civiche comunque d’area dem. Tra di essi, comunque, quello che di gran lunga è il più importante: il capoluogo, Napoli. Con Gaetano Manfredi, il Pd è tornato alla guida di Palazzo San Giacomo dopo che l’aveva lasciata con Rosa Russo Iervolino.
Automaticamente, la vittoria napoletana si è proiettata anche sull’ex Provincia, ora Città Metropolitana.
E siamo nel 2022: 13 Comuni napoletani al voto, Sarracino può stappare lo champagne in compagnia di altri 7 sindaci. E’ cronaca dello scorso giugno.
Ora: magari, Enrico Letta gli avrà chiesto di replicarla a settembre. Ma Sarracino, per la prima volta, giocherà senza avere dalla sua quel Movimento 5 Stelle assieme al quale ha riempito un palmares da record. Ed è atteso anche lui alla sfida del post-campo largo.