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Quarant’anni fa l’arrivo di Maradona a Napoli. Quattro decenni, un soffio. Diego è spirito e materia, a Napoli è ovunque. Non solo sui murales, ma nei cuori e nelle menti di molti. E anche in un convegno celebrativo, sulla nave da crociera Msc, attraccata al porto. A promuoverlo il giornalista Marcello Altamura. A bordo si rievocano i retroscena di un acquisto epocale. Si scandagliano, tra aneddoti e amarcord, le origini della leggenda. Correva l’anno 1984. Tempi difficili per Napoli, manco a dirlo. Il post terremoto, la guerra di camorra. Disoccupazione,  droga dilagante e marginalità. In quel contesto, accadde qualcosa di imprevedibile. Il più grande calciatore al mondo sbarcò in Italia, al Sud. E in un club dalla bacheca quasi vuota. Di più: il Napoli si era appena salvato per un soffio. Solo un punto, infatti, gli evitò la serie B. “Giorni bellissimi quelli del giugno 1984” ricorda un pimpante Corrado Ferlaino, 93 primavere. L’ex presidente è l’emblema del rapporto tra la città e Dieguito. Estasi e dannazione, un eterno rincorrersi. Fin da quei giorni frenetici del trasferimento. Nessuno come Ferlaino può spiegare Maradona a Napoli. E soltanto nei suoi occhi puoi leggere l’impresa di portarlo qui.

Una trattativa estenuante. Un’altalena di oltre un mese, sull’asse Napoli-Barcellona. Follie per averlo, 13 miliardi di lire dell’epoca. Ma assai ben ripagati, col senno di poi. “Sono stato aiutato dalla fortuna” dice l’ingegnere, schermendosi. Il 30 giugno, sul filo di lana, un incaricato depositò il contratto. Era a Milano, negli uffici della Lega calcio, la scadenza fissata alle 20. In realtà il plico non conteneva nulla. Il modulo con le firme, si scoprì poi, giunse a tarda notte. Il presidente era in volo dalla Catalogna, non sarebbe atterrato entro il termine. Pervenuto a destinazione,  assai trafelato,  si inventò una scusa. La rifilò su due piedi ad un vigilante. Un banale errore, uno scambio, gli sussurrò. La guardia stette al gioco. Così l’ingegnere sostituì le carte, inserendo il contratto vero. Un gioco di prestigio, inscenato di corsa. Ferlaino furbo e audace. Ma anche fortunato, come ripete lui.

Da quel momento però cambiò la storia. Quella del Napoli, ma anche della città. Il 5 luglio la comparsa di Diego, il bagno di folla allo stadio San Paolo. “Buonasera napolitani” le prime parole del mito. Fu una rivelazione, l’inizio di un culto. Una religione oggi più viva di ieri. Le ragioni sono semplici, come l’affetto popolare. “Quando prometteva qualcosa, Diego la manteneva sempre” rammenta Salvatore Carmando. Mani d’oro, ma più di un massaggiatore per il Pibe: amico e confidente. Quel giorno del 1984, Maradona diede la sua parola: vinceremo lo scudetto. Ha onorato il giuramento. Lui non ha preso in giro la gente, a differenza di tanti. E Napoli non dimenticherà mai.