Napoli – A lui piace così, rimanere nel suo alone di mistero e stupire tutti all’improvviso, senza anticipare nulla. Stava quasi per passare il 9 maggio senza alcuna notizia di Liberato, che da anni sceglie proprio quella data per ricomparire, perlomeno con la sua musica, perché il suo volto non lo conosce (quasi) nessuno, così come la sua identità.
Alle 23:59 invece ecco che la foto profilo sui social cambia, la rosa rossa si tinge di bianco e nero ed è tenuta in mano, leggiadra, da una mano, e un copy, semplice, diretto, come al solito: “Liberato canta ancora”. La stessa successione di piccoli eventi, piccoli indizi, che aveva accompagnato, nel 2019, l’uscita di “Liberato”, album d’esordio che comprendeva i primi singoli distribuiti sulla piattaforma e cinque nuovi brani presentati come cinque parti di un mediometraggio, naturalmente diretto da Francesco Lettieri, che è parte integrante e fondamentale del progetto Liberato, colui che ha contribuito in maniera decisiva a crearne iconografia e, di conseguenza, il mito virale.
Anche questa volta, qualche minuto dopo su Spotify esce il suo nuovo album, ‘Liberato II’ e su Youtube il videoclip del nuovo singolo, ‘Partenope’, diretto ancora una volta da Lettieri. Con un interprete d’eccezione, l’attore napoletano Giacomo Rizzo e la sirena Tonia Laterza. Il video, ambientato nel ‘700 e girato interamente a Napoli, tra Palazzo Reale e Marechiaro, in poche ore ha raccolto oltre centomila views. Lui si scorge solo in qualche sequenza, seduto al pianoforte, ancora protetto dal bomber nero, il cappuccio della felpa a coprire la testa e quella scritta, bianca, “Liberato”, con il font utilizzato dalla tifoseria azzurra per gli striscioni.
Chi sia Liberato è una domanda che ormai anche i fan più affezionati hanno smesso di porsi, si è parlato di Davide Panizza, fondatore dei PopX, di Livio Cori, del giovane poeta Emanuele Cerullo, chi ha ipotizzato anche potesse essere un detenuto del carcere minorile di Nisida e chi, addirittura, Calcutta.
Tutte ipotesi errate, ma che negli anni, specie all’inizio, hanno gonfiato il mito di Liberato, che certamente è frutto del lavoro di un collettivo, probabilmente interamente di origini napoletane.